(da: Storia ecclesiastica e civile della Regione più Settentrionale del
Regno di Napoli, oggi città di Teramo e Diocesi Aprutina
di
Niccola Palma,
presso U. Angeletti - Teramo, 1832 – 1836.
Volume
II - Capitolo LVIII, pp.171-172-173)
Apparizione di Maria SS. e
costruzione della Chiesa in onor di Lei, fuori le mura di Canzano
(...) Nel giorno 18
Maggio 1480 un Bifolco domiciliato nelle vicinanze di Canzano, di nome
Floro di Giovanni, arando la terra a circa un terzo di miglio dalle mura
di quel Paese, verso Libeccio, vide a un tratto, sulle ore diciotto,
inginocchiarsi i buoi. Attonito per avvenimento, che tosto conobbe non esser
naturale, e drizzandosi dalla curva piegatura sull’aratro, osservò sopra un
albero di pioppo bianco, che volgarmente dicesi Alno, ed Alano,
un maestosa Signora, al cui cospetto anch’ei si prostrò. Allora udì dirsi:
Io sono la Regina del Cielo: va in Canzano e dì a quel popolo esser mia
volontà che si edifichi una Chiesa in mio onore nel Piano del Castellano.
Ubbidì sull’istante il buon Floro, e lasciati i buoi corse a Canzano:
raccontò, attestò nel migliore modi de’ quali era capace, la visione ed il
comando; ma lungi dall’esser creduto, fu deriso e beffato, onde gli convenne
ritornarsene assi mesto al lavoro.
Nel seguente giorno,
all’ora medesima, comparve per la seconda volta la Vergine a Floro, che
parimenti arava lo stesso terreno, vestita di bianco e posata sul suolo:
Immantinente prostratosi, non meno che i buoi, ei con rispetto e con dolore
Le riferì il rifiuto dei Canzanesi. Accolta con bontà la giustificazione,
Ella disparve, senza aver profferita parola.
Parlò bensì
all’indomani, 20 Maggio, quando ben anche ad ore 18 apparsa per la terza
volta al fortunato Bifolco, come nel dì precedente; gl’impose di rientrare a
Canzano, di esibirsi a montare, in comprova del vero, sul cavallo indomito
di Falamesca de Montibus, di lasciarsi poi guidare da quel cavallo,
il quale disegnato avrebbe il sito, in cui Ella intendeva essere onorata.
Lieto il Bifolco volò
di nuovo a Canzano, ripetè l’ordine ricevuto, e si dichiarò pronto a
verificarlo nel modo indicatogli. Venne accettata con riso la condizione, ma
non mancò di adunarsi gran popolo intorno a Floro, per vedere ove la cosa
andasse a finire.
Il cavallo di cui si
parla era così bello, ma divenuto insieme così feroce, che il padrone non
potendosegli più accostare, avea tolta una tavola dal piano superiore alla
stalla, e di lassù per nutrirlo gittavagli l’erba sulla mangiatoja. Il
seniore Falamesca condiscese con pena all’esperimento cui Floro accingevasi,
nè lasciò di protestare che non risponderebbe del pericolo cui questi andava
incontro. Temevano i numerosi astanti che all’entrar Floro nella stalla, il
cavallo volto gli si sarebbe contro con morsi e calci; ma quale non fu la
loro meraviglia allorchè lo videro affatto mansueto lasciarsi menar fuora, e
senza muoversi accogliere sul dorso il rustico cavaliere? Abbandonato al
proprio istinto, esso il trasportò a dirittura nel Piano del Castellano. Ivi
giunto il cavallo senza freno e senza guida, girò tre volte intorno ad uno
spazio, ed in fine s’inginocchiò e curvò la testa sino a terra.
La folla che seguito
lo avea in silenzio propruppe allora in gridi di tenerezza e di gioja: e
senza dilazione si diede mano alla fabbrica, giusta la periferia segnata dai
tre giri del cavallo. Dalla connessione e diversità delle muraglie è facile
riconoscere la Chiesa allora eretta, dalle due ampliazioni fattene più
tardi. Contemporaneamente fu costruita altra piccola Chiesa detta del
Perdono nel sito della prima apparizione, ove questa venne dipinta a
fresco: tale quale ancora esistendo sul muro cui poggia l’Altare.
Prolungandosi, dietro
a questo, di alcuni palmi il sacro edificio nel 1788 si ebbe l’avvertenza di
non toccare sì bel monumento. Ne’ punti precisi delle due altre apparizioni
si eressero due Oratorj del pari esistenti, con pitture in tela che le
esprimono. Se non che essendovi le pitture più esposte alle intemperie e
logorandosi le tele, si sono di tempo in tempo entrambe rinnovate. Il
cavallo, poi ch’ebbe ricondotto Floro, tornò ad essere indomabile e fiero
ugualmente che per lop avanti, quasi che sdegnato avesse di servire ad usi
profani, da ch’era stato eletto in istrumento di un prodigio del Cielo.