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Caduti

del mare

 

 

 

La vicenda dell'Angelo Padre

(Racconto di Cesare Ariozzi, in "Giulianova: il mare, il porto, la marineria" di Alessandro Brandimarte)

 

"I1 5 aprile 1982 alle ore 10, il motopeschereccio "Ombretta", comandato da Del Monte Cosimo lasciò la banchina per iniziare la pesca. Direzione 70°, dall'ingresso del porto. Dopo aver percorso circa 24 miglia dalla costa iniziò le manovre per mettere la rete in mare. Come faceva solitamente, chiamò per radio l'Angelo Padre che doveva avere già iniziato la giornata di pesca, ma, con suo stupore, non ebbe alcuna risposta. Più tardi riprovò, ma ancora una volta senza esito. Alle ore 16, al traverso di Tortoreto, a circa 29 miglia dalla costa, la sua attenzione venne attratta da un salvagente anulare, ma poiché aveva iniziato a pescare ed essendo abbastanza lontano non si preoccupò di recuperarlo, pensando che fosse stato perduto da qualche peschereccio.

Dopo poco tempo, mentre si trovava a circa 25 miglia, sempre al traverso di Tortoreto, vide in mare un altro anulare. Intanto tutte le im­barcazioni che erano uscite per la pesca cominciavano a chiedere notizie dell'Angelo Padre perché il suo silenzio radio era ormai un triste presagio. Scattò l'allarme e le autorità marittime iniziarono la ricerca. Il motopeschereccio "Picenia Prima" faceva sapere, via radio, che l'Angelo Padre, all'uscita dal porto, aveva rotta 90° e 45' ed aveva compiuto almeno tre ore di navigazione. Su questa notizia tutti i pescherecci cercarono di portarsi nella zona dove era stato avvistato l'ultima volta l'Angelo Padre per dare aiuto ai mezzi della capitaneria. Ma le ricerche non diedero alcun esito; ormai tutta la mari­neria giuliese era impegnata nelle operazioni per conoscere la sorte toccata all'equipaggio del pe­schereccio scomparso. La mattina del 10 aprile, verso le 6, alcuni pescherecci si erano disposti a ventaglio per ispezionare una maggiore superficie marittima, con l'aiuto di un rampino assicurato ad un cavo d'acciaio per sondare il fondale.

Dopo quattro ore di navigazione, Cesare Ariozzi, comandante del "Viviana", notò una macchia oleosa e decise di portarsi in quella direzione. Giunto in prossimità della stessa avvertì che il cavo faceva resistenza, perché evidentemente il rampino si era impigliato Arrestò quindi i motori e mise in tiro il cavo posizionandovi una boa, in modo da segnalare la posi­zione. D'altronde si accorse che dal fondo continuava a venire a galla della nafta, avendo con ciò la certezza che in quella zona doveva giacere il peschereccio.

Avvisati via radio, si portarono sul luogo altri pescherecci che piazzarono altre boe per individuare bene la zona. Ormai era chiaro che l'Angelo Padre giaceva in fondo al mare, a circa 90 metri di profondità. L'emozione fra la gente del mare e in tutta la popolazione di Giulianova fu enorme. Si moltiplicavano le pressioni alle autorità per il recupero del relitto, nella speranza di riportare a terra i corpi dei poveri marinai. Finalmente la Regione Abruzzo mise a disposizione una somma sufficiente per avviare l'ispezione del relitto. Fu incaricata la ditta SSOS SUB SEA OIL SERVICE di Roma, specializzata in operazioni di questo tipo.

Il 19 giugno un'imbarcazione della stessa società, con a bordo anche il comandante della capitaneria Domizio Scilli ed il delegato del comune di Giulianova Massimo Camponi, si portò sul luogo dell'affondamento. Un piccolo mezzo subacqueo si immerse, dotato di apparecchiatura fotografica, braccio aggancio e braccio manipolare. L’ispezione realizzata, documentata peraltro dal servizio fotografico confermò che il relitto era quello dell'Angelo Padre, ma dei corpi degli uomini di equipaggio non vi era alcuna traccia. Dall'analisi fotografica dei danni visibili sullo scafo si potè avanzare l'ipotesi di uno speronamento da parte di una imbarcazione di notevoli dimensioni, ma a tutt'oggi non esistono certezze al riguardo.

L’equipaggio dell'Angelo Padre era composto da Marchetti Gabriele, Gualà Nicola e dal figlio Giuseppe di soli 19 anni."

 

 

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