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Caduti

del mare

 

 

domenica 31 gennaio 2010

Termoli

I Magistrati hanno riconosciuto la colpa esclusiva

della motonave

liberiana che fece affondare la nave

"Dionigi Ferrante"

 

 

Il Tribunale ha messo fine all’episodio in cui rimase coinvolto il peschereccio termolese

Naufragio, sentenza rende giustizia

L’incidente risale al 1999 e vide protagonisti 4 marinai

 

Una sentenza del Tribunale di Larino, sezione di Termoli, ha finalmente dato soddisfazione a coloro che furono colpiti 11 anni or sono da un naufragio rovinoso davanti alle coste molisane, riconoscendo la colpa esclusiva di una motonave liberiana che aveva affondato un peschereccio della flotta di Termoli.

La vicenda risale all’11 marzo 1999 quando, appena oltre dodici miglia dalla costa, e quindi in acque internazionali, la motonave “Sheryn M” battente bandiera caraibica ed appartenente ad una società armatrice con sede a Beirut, proveniente da Venezia e diretta a Brindisi, speronò ed affondò il motopeschereccio termolese “Dionigi Ferrante”, proveniente da destra ed intento nelle operazioni di pesca. Il peschereccio aveva a bordo quattro uomini dell’equipaggio, che fortunatamente poterono essere subito soccorsi dai mezzi della capitaneria di porto e posti in salvo. Lo scafo e tutta l’attrezzatura, però, furono irrimediabilmente persi, scomparendo a picco nel mare.

Gli armatori del peschereccio chiesero subito il sequestro del mercantile libanese nel porto di Termoli. Esso venne liberato dopo qualche giorno, dopo che i suoi proprietari avevano provveduto a fornire idonea garanzia per i danni arrecati tramite un’importante compagnia assicuratrice di Londra. Iniziò così una lunga e complicata vicenda legale, con il giudizio penale e quello civile, quest’ultimo solo ora concluso con la sentenza del Tribunale. La pronuncia ha finalmente chiarito la verità dei fatti, condannando la società armatrice libanese e la compagnia assicuratrice londinese ad un risarcimento di circa un milione di euro. Piena soddisfazione per l’esito è stata espressa dai difensori degli armatori termolesi, il prof. Giovanni Di Giandomenico, che li ha assistiti sin dall’inizio insieme con l’avvocato Ettore Giacobone.

Il professionista, che da molti anni insegna Diritto della navigazione in varie Università italiane, ha manifestato la propria convinzione che la vicenda possa chiudersi a breve, in via definitiva, con il giusto ristoro della grave perdita subita dagli armatori termolesi. Non ha mancato, però, di sottolineare come la giustizia italiana sia assolutamente lenta nel rendere ragione alle vittime di torti altrui, per le lungaggini delle procedure imposte: e ciò al di là della valenza dei magistrati impegnati, che con scrupolo e professionalità hanno ben risolto una complicatissima storia di mare e di sofferenza.

 

http://issuu.com/adisnews/docs/quo_31-01

 

 

 

 

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