Il 16 dicembre 1988
in località Contrada Morella sul litorale del Comune di Lesina (FG) si è
arenata la motonave Eden V di bandiera sconosciuta per la quale,
nonostante le indagini esperite, non si è riusciti a risalire né
all’armatore né al proprietario dell’unità. Si è scoperto invece che il
mercantile non risultava iscritto nei registri maltesi come indicato
sulle carte di bordo, che sono risultate false; la nave risultava
navigare vuota di carico ed il relitto è risultato privo di qualsiasi
dotazione di bordo.
Ma cosa nascondeva
quella nave in riva al lago di Lesina,tanto che nessuno l'ha mai
reclamata? L'imbarcazione, varata in Giappone nel 1969, si chiama
Eden V, ma i Loyd's di Londra rivelano che la nave al varo aveva
preso il nome di Et Suyo Maru, poi diventò Pollux nel 1980, poi Mania
(1983), quindi Haris (1984), Hara (1985), Happiness (1986), Fame, Leskas
Sky, Kirlaki (1987), Ocanido, SeaWolf (1988). L'ultimo passaggio di
proprietà è avvenuto proprio nel 1988. A comprarla è stata la
"Noura-Court-Apt105" di Limassol (Cipro).
Alle ore 16,25 del
16 dicembre 1988, il Colonnello Ubaldo Scarpati, responsabile della
Guardia costiera sipontina, viene allertato dal centro di soccorso aereo
di Martina Franca. Il comandante della Eden V,incagliata sui bassi
fondali del Gargano, rifiuta ogni forma di assistenza facendo sapere che
“...non corre pericolo e che egli stesso provvederà al disincaglio”,
come è scritto nel rapporto inviato alla Procura di Lucera.
Il comandante
libanese Hamad Bedaran prima di dileguarsi viene interrogato dal
sostituto procuratore Eugenio Villante. Al magistrato dichiara che «la
nave salpata da Beirut, dove aveva scaricato legname, aveva puntato su
Ploce in Jugoslavia per caricarvi una partita di ferro». Secondo
Scarpati «sulla carta nautica sono segnate altre rotte, una delle quali
è la 285, e cioè dal centro del Mediterraneo verso la costa garganica».
L'International
Maritime Bureau con telex del 21 dicembre 1988 comunica che «i documenti
di classificazione dell'American Bureau sono falsi e la citata unità non
è mai stata iscritta presso i loro registri». Il relitto (3.119
tonnellate di stazza per 95 metri di lunghezza), non è indicato su
alcuna mappa, ma si è insabbiato sulla duna del lago costiero di Lesina.
Attorno allo scafo,
per un raggio di tre chilometri sul litorale, giacciono 123 barili
arrugginiti e maleodoranti, ma potrebbero essercene molti altri sepolti
sott'acqua lungo gli 80 chilometri di costa. In zona i vigili
dell'Azienda sanitaria Foggia/1, hanno ritrovato due tonnellate di
rifiuti radioattivi. «Nei cumuli di scorie abbiamo rilevato 1.600
Becquerel per Kg. di sostanza. Sedici volte oltre la soglia di rischio
per l'essere umano, stabilita convenzionalmente in 100 Becquerel»,
rileva il professor Domenico Palermo, direttore del dipartimento di
chimica dell'istituto Zooprofilattico di Puglia e Basilicata.
Ai Ministri dell’Interno, della Salute e dell’Ambiente della
Tutela del Territorio e del Mare
Per sapere, premesso che:
- Sulla costa garganica giace una nave giapponese la cui presenza
desta allarme per la salute e per i connessi rischi ambientali,
anche a causa della presenza a ridosso dello scafo di circa un
centinaio di fusti metallici abbandonati:
- la stessa vicenda già nel 1998 veniva denunciata, a pagina 68, del
dossier “Rapporto Ecomafia 1998”, elaborato da Legambiente: “…Non va
dimenticato che sulla costa foggiana alcuni anni orsono si spiaggiò
una nave, successivamente svuotata del suo carico misterioso e poi
abbandonata”;
- oggi nei luoghi denunciati nove anni fa dall’Associazione
ambientalista si continua a trovare un relitto arrugginito con un
volume di 3119 tonnellate di stazza e 95 metri di lunghezza e
centinaia di fusti metallici arrugginiti di grosse dimensioni
abbandonati sulla spiaggia;
- tale relitto, neppure segnalato, si trova in un tratto di zona di
rilievo internazionale vincolata dalla Convenzione di Ramsar,
all’interno del Parco Nazionale del Gargano, con gravi pericoli per
l’ambiente, il paesaggio e la salute dei frequentatori e bagnanti;
- era il 16 dicembre 1988 quando per cause mai accertate questa nave
giapponese si incagliò, senza lanciare alcuna richiesta di aiuto; -
il comandante della nave, Hamad Bedaran, di origine libanese,
rifiutò “…ogni forma di assistenza facendo sapere che non corre
pericolo e che egli stesso provvederà al disincaglio…”. Tutto questo
è scritto nel rapporto inviato in quei giorni dalla Marina alla
Procura della Repubblica di Lucera;
- i 17 uomini d’equipaggio di origine libanese, pakistana, siriana,
indiana, sudanese ed egiziana, dopo aver scaricato in mare i
container, svanirono nel nulla;
- il 3 gennaio 1989 il sostituto procuratore Eugenio Villante
denunciò, prima che si dileguasse, il comandante Hamad Bedaran, per
falso in contrassegno di individuazione, inosservanza sulle norme
dell’uso della bandiera, sulle norme riguardanti i documenti di
bordo e per navigazione con una nave in cattivo stato di
navigabilità senza autorizzazione;
- si vuole evidenziare, inoltre, che il sindaco di Lesina, Giovanni
Schiavone ha dichiarato più volte che “…Voglio capire bene i fatti
legati al mancato smaltimento di questa nave...” Da ben due anni il
primo cittadino si batte invano, dopo innumerevoli solleciti al
Mistero dell’Ambiente della Tutela del Territorio e del Mare, per
far rimuovere questa bomba ad orologeria. Ben 4 gare d’appalto per
smantellarla sono naufragate nel vuoto;
- da un decennio la Capitaneria di Porto di Manfredonia ha segnalato
alle autorità sanitarie e istituzionali oltre al pericolo
dell’amianto anche il rischio di radioattività, ma nessun
approfondito controllo a bordo è stato ancora effettuato, nonostante
moltitudini di turisti, numerosi escursionisti, ornitologi e
scolaresche in gita d’istruzione visitino frequentemente l’area;
- eppure l’ordinanza della Capitaneria portuale sipontina, numero
03/89 del 18 febbraio 1989, mai applicata, interdice l’accesso a
chiunque: “…considerata la necessità di salvaguardare la pubblica
incolumità è fatto divieto assoluto di salire a bordo della M/N
“Eden V” di bandiera sconosciuta arenata sul litorale del Comune di
Lesina...”.
- il 3 ottobre 1997, Vincenzo Morante, comandante della Capitaneria
Portuale di Manfredonia aveva richiesto al Presidio multizonale di
Foggia “…urgenti verifiche onde accertare eventuale presenza di
idrocarburi e tracce di sostanze radioattive...” Tecnici ed esperti
dell’Azienda sanitaria locale non hanno ancora messo piede a bordo.
La ragione di questa gravissima inerzia sembrerebbe dovuta al
pericolo di contaminazione radioattiva e alla mancanza di
attrezzature idonee;
- nel medesimo territorio (Lesina-Poggio Imperiale) i vigili
sanitari dell’Azienda sanitaria Foggia/1, hanno ritrovato alcune
tonnellate di scorie radioattive. “…Nei cumuli di scorie radioattive
abbiamo rilevato 1700 becquerel per chilogrammo di sostanza, sedici
oltre la soglia di rischio per l’essere umano stabilita
convenzionalmente in 100 becquerel” ha dichiarato il professor
Domenico Palermo, direttore del dipartimento di chimica
dell’istituto Zooprofilattico di Puglia e Basilicata, centro
nazionale di referenza per la radioattività alimentare; dagli
archivi degli ospedali locali (San Giovanni Rotondo, San Marco in
Lamis, Monte Sant’Angelo, San Severo, Torremaggiore, Foggia,
Manfredonia) e dai riscontri incrociati di medici di base e
specialisti facenti capo alle Aziende sanitarie locali Foggia 1,
Foggia 2, e Foggia 3, emergono dati scientifici inquietanti sulla
popolazione del Gargano (220 mila residenti) e di Capitanata (700
mila cittadini): soprattutto leucemie mieloidi e tumori alla tiroide
in percentuale superiore del 50 per cento rispetto alla media
nazionale;
- inoltre bisogna evidenziare che l’8 marzo 1998, affonda a 12
miglia est al largo del Gargano, con mare calma piatta, il
peschereccio
Orca Marina;
- in questa disgrazia perde la vita il giovane Cosimo Troiano.
Cinque mesi più tardi la Capitaneria di Porto sipontina incalzata
dai familiari della vittima e dalla comunità dei pescatori,
sollecita l’intervento della Marina militare per recuperare la
salma;
- in una nota inviata dalla capitaneria di porto al comando navale
dell’Adriatico si legge: “…Il sinistro marittimo potrebbe essersi
verificato a causa del probabile incattivamento dell’attrezzo da
pesca a strascico in un ostacolo presente sul fondale marino.
Inoltre, dall’esame delle deposizioni testimoniali rese dai
naufraghi, è risultato che tale ostacolo potrebbe essere uno tra i
tanti containers presenti nella zona, sbarcati tempo addietro da
nave sconosciuta. Pertanto si prega di disporre un’accurata
perlustrazione all’interno dell’area dove giace il relitto...” ;
- nell’estate del ‘98 il cacciamine Vieste localizza la motobarca,
mentre la nave Anteo trasporta in zona i palombari del Comsubin che
recuperano il corpo del pescatore e filmano i container.
“…Attualmente sappiamo dove sono i containers che i pescatori locali
hanno provveduto a segnalare con l’ausilio del Gps, un sistema di
radionavigazione che a mezzo di satelliti fornisce un’esatta
posizione…” dichiara il comandante De Carolis, capo della sezione
tecnica operativa della Capitaneria di Manfredonia;
- a tutt’oggi, fatto grave, la Marina Militare non abbia ancora
fornito all’autorità giudiziaria i filmati che potrebbe far luce
sulla vicenda dei rifiuti affondati in questo tratto del
Mediterraneo poco sorvegliato.
Alla luce di quanto sopra esposto si chiede ai
Ministri dell’Interno, della Salute e dell’Ambiente della Tutela del
Territorio e del Mare di conoscere:
- se siano in grado di ricostruire le circostanze che hanno portato
al naufragio della nave giapponese;
- se siano in grado di chiarire finalmente di quale natura fosse il
carico trasportato dalla nave giapponese;
- se recentemente siano stati effettuati sopralluoghi da parte delle
autorità competenti per accertare lo stato attuale dell’imbarcazione
e il livello di inquinamento chimico e radioattivo da esso prodotto
nelle acque circostanti;
- i motivi, in considerazione del grave rischio ambientale
prodottosi in seguito al naufragio, per i quali non è stata mai
disposta la rimozione del relitto;
- i tempi e modalità con le quali si intende disporre immediatamente
la rimozione del relitto;
- se si reputi che esista un collegamento con il limitrofo cimitero
subacqueo di container, al largo del Gargano, che ha già causato la
morte di due pescatori.