"Erano le
23,30 del 19 novembre 1957, Michele Marchetti aveva 19 anni ed era
imbarcato sul motopeschereccio "Giovanni Enrico", comandato da Conte
Stanislao. Effettuava il suo turno di guardia mentre gli altri
membri dell'equipaggio riposavano sotto coperta. Soffiava forte la
bora e a gran fatica, tra onde increspate, il peschereccio
continuava la sua andatura di pesca, ma... a un tratto successe
l'imprevisto. Il cavo di acciaio entrò sulla bocca di rancio a poppa
e Michele, pensò di far bene girando il timone tutto da una parte e
si precipitò nei pressi del cavo per liberarlo.
Ma mentre
effettuava questa operazione la bocca ebbe un movimento anomalo e il
giovane fu trascinato
in acqua dal cavo. Michele non si fece prendere dal
panico, anche perché aveva visto nelle vicinanze un altro
peschereccio che sopraggiungeva sulla stessa rotta. Riuscì a
spogliarsi con molta fatica perché calzava degli stivaloni pesanti e
lunghissimi. Nonostante le sue urla, l'equipaggio non si accorse di
niente e allora cominciò a sconfortarsi, ma il vigore della sua
giovane età, la sua voglia di vivere gli davano la forza per non
soccombere alle onde che lo risucchiavano continuamente. Non cedeva,
si faceva coraggio da solo, pregando e parlando ad alta voce come se
avesse vicino la madre. In quei momenti di estrema difficoltà arrivò
anche a pensare di scegliere la vita religiosa se il Signore gli
avesse salvato la vita.
Intanto via
radio la notizia della sua scomparsa in mare si era diffusa nel
paese e famigliari ed amici si erano portati nei pressi della radio
costiera allora situata nel piccolo abitacolo sotto la pineta, a
fianco del chiosco - bar di Cicchetti. I collegamenti con i
pescherecci erano tenuti dall'allora responsabile Andreino Patacca
che chiamava incessantemente tutte le barche che erano in zona per
avere notizie. Intanto la notte scorreva e si avvicinava l'alba ma
Michele sentiva le forze diminuire. Ad un tratto vide una luce
lontano, ma le onde lo sbattevano continuamente e non riuscì a
capire se si trattava della stella mattutina, "la stelle a jurne",
che i marinai chiamavano Venere. Ma ecco un'altra luce a fianco
all'altra: dovevano essere senz'altro dei pescherecci, ed allora
riprese speranza, raccolse le ultime forze e prese a nuotare per
andargli incontro. Quando cominciò a distinguere la sagoma
dell'imbarcazione iniziò ad urlare, ma dal peschereccio "Valle" di
S. Benedetto nessuno si accorse di lui. Solo il capitano, "Barbò",
che si trovava sotto prua accanto al fuoco, disse ai suoi uomini di
aver inteso come delle urla, ma questi risposero che si sbagliava:
era il vento a far fischiettare le sarchie. Ma il capitano
insistette, diede l'ordine di mollare il cavo di dritta per girarsi
a sinistra e così facendo riuscì finalmente ad avvistare Michele che
fu subito recuperato a bordo. Erano le 6 del 20 novembre, il giovane
aveva trascorso quasi tutta la notte in acqua a combattere con le
onde, era stremato ed infreddolito ed appena a bordo svenne. I
marinai lo coprirono e lo massaggiarono a lungo per sollecitare la
circolazione e far aumentare la temperatura corporea. Finalmente
dopo due ore e qualche bicchiere di vino cotto Michele riuscì a
riprendersi tra la gioia dell'equipaggio. Ma la sua avventura non
era finita perché gli uomini del "Valle", usciti in mare da poco,
gli chiesero di poter continuare la pesca per non perdere una
giornata di lavoro per riportarlo a terra. E così Michele, che
sentiva di avere ancora la vita davanti a sé, acconsentì alla
richiesta di quegli uomini che lo avevano salvato e passò altri due
giorni in mare con loro. Intanto la notizia era giunta via radio a
Giulianova e sotto la pineta parenti ed amici festeggiavano
commossi. Rimane da dire che dopo questa esperienza Michele tornò
alla vita di mare e dimenticò il voto fatto nel momento di pericolo
di dedicarsi alla vita religiosa, infatti successivamente prese
moglie ed ebbe numerosi figli."