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Caduti

del mare

 

 

da:

 

Tesi di laurea di

Marco Pezzolesi - Fano

 

"La marineria di Fano tra XIX e XX secolo"

 

 

Il terribile fortunale che investì le coste fanese ed anconetana

nella notte tra l'8 ed il 9 giugno 1964

 

Era l'8 giugno 1964, racconta Mario Paoloni, un anziano pescatore di Fano, quando in un normale pomeriggio di pesca con la barca denominata "il Solitario" dissi ai miei marinai che alla radio si sentivano solo scariche, non si sentiva parlare nessuno. Dissi anche che secondo me, tutte quelle scariche indicavano che il tempo stava per guastarsi, ma loro ribattevano che era impossibile, perchè era tutto chiaro e sereno. E invece, verso le 19,30, arrivò all'improvviso un gran temporale e noi avevamo ancora le reti in acqua. Faticammo un'ora per tirarle a bordo a causa del vento; poi, dato il cattivo tempo restammo alla cappa per tre ore e poi ci dirigemmo verso il monte di Cattolica.

Solitamente noi pescavamo a cinque miglia dalla costa, ma in quel momento il mare ci aveva portato a quindici/sedici miglia. Quando fummo verso Cattolica, scorgemmo il faro di Pesaro. Era un freddo tremendo e il vento soffiava sempre più forte, perciò mettemmo tutte le reti dabbasso in maniera che il mare non ce le portasse via.

Prima era tutto buio e pioggia, ma ormai avevamo visto il faro; dissi ai marinai di proseguire a remi e li incoraggiai dicendo che per quella volta ci saremmo salvati. Verso le tre il mare si era calmato, alle sette eravamo a Fano.

Poco prima di arrivare dissi agli uomini che forse ci aspettava qualche brutta notizia, perché quello della notte era stato un vero uragano ed appena toccata terra ci comunicarono che due barche si erano rovesciate e mancavano alcuni marinai".

Uno di questi sventurati marinai era Ricci Lido, nato a Fano l'1 gennaio 1921, la cui sventura occorsagli mi è possibile ripercorrere grazie agli elementi forniti gentilmente dal figlio Ricci Fabio, ora impiegato presso la cooperativa Coomarpesca.

Egli racconta: "Io non ricordo con precisione quei momenti in quanto compivo allora appena tre anni ma, da quanto ascoltato ripetutamente in famiglia ed anche all'esterno, ho potuto ricostruire sommariamente le circostanze, secondo me, più rilevanti.

Mi risulta per esempio che fu proprio una fatalità per il mio povero padre, in quanto una serie di coincidenze hanno contribuito alla concretizzazione di questa tragedia familiare.

Mio padre, infatti, non doveva nemmeno imbarcarsi su quel motopeschereccio in quei giorni, in quanto ambiva nel trasferirsi alla navigazione anziché alla pesca. In attesa di ciò, invece, contrariamente a quanto mio nonno gli supplicò, provocando anche una piccola lite familiare, s'imbarcò anche quella settimana sul motopesca "Boro" di proprietà di Perugini Riccardo, anch'esso perito in quell'evento.

Oltre al Perugini, era imbarcato un altro marinaio e si pescava a coppia con un'altra barca la quale, però, riuscì a rientrare in porto in tempo utile per salvarsi prendendo a bordo nella grande confusione e paura della tempesta, anche il terzo imbarcato del "Boro". Mio padre, infatti, volle restare sulla barca, poi distruttasi e affondata, perché era meglio in grado di difendersi su un'imbarcazione di peggiori condizioni strutturali, data la maggiore esperienza ed età.

Si raccontò, poi, che in quel tremendo pomeriggio, mio padre parlando alla radio intendeva rientrare in anticipo dalla pesca avendo avuto sentore di ciò che poteva accadere. Era nervoso ed in contrasto con gli altri dell'equipaggio, probabilmente anche perché la paura stava prendendo il sopravvento sulla ragione.

In definitiva restarono in due su quella maledetta barca a lottare quei tremendi e lunghi momenti di paura e sofferenza fino alle vicinanze dell'imboccatura del porto di Fano, mentre da terra si poteva ascoltare per radio che uno di loro voleva tentare l'insabbiamento nella spiaggia a nord e l'altro, l'ingresso in porto.

In quella tempesta, visti da tanta gente portatasi sui moli, a sperare in una conclusione positiva, intervenne invece, in un attimo, il disastro anticipato dallo spegnimento a bordo della illuminazione e qualsiasi contatto radio, mentre si squarciò letteralmente la barca che fu quindi integralmente inghiottita, con l'equipaggio, nelle tremende gelide acque.

Nel frattempo, mia madre era stata tranquillizzata, che il motopesca "Boro" era rientrato in porto ma si trattava di un errore con l'altra barca che come si diceva prima, pescava con esso in coppia.

Perugini fu ritrovato quasi subito e si accertò che la morte sopraggiunse per causa diversa dall'annegamento, probabilmente, perché colpito da una parte della barca quando, prima di affondare, venne distrutta, mentre mio padre, continua Ricci Fabio, fu ritrovato a diversi chilometri a sud di Fano, dopo ben sei giorni e risultò annegato".

Oltre a questi sventurati, altri due pescatori perirono in quella tempesta a causa del rovesciamento della loro barca più al largo, mentre quanti si salvarono debbono la loro fortuna esclusivamente alla tempestività del rientro in porto prima che la situazione precipitasse o anche perché si trovavano talmente al largo da non essere nemmeno interessati dalla tempesta.

L'evento rimase comunque senza precedenti stante soprattutto il grado di sicurezza che le imbarcazioni avevano ricevuto negli anni '60 ed anche le migliorate condizioni di accesso al porto di Fano.

La giustificazione, che la marineria diede all'accaduto, fu essenzialmente il grado molto elevato della cattività delle condizioni meteorologiche mai verificatesi prima a mente d'uomo nelle nostre zone e la rapidità dell'avvicendamento peggiorativo delle stesse.

 

 

 

 

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