La tragica morte dei
due marinai
L'imputato
Natarelli Corrado, armatore, veniva tratto a
giudizio per avere, per colpa, consistente in imprudenza, imperizia
e negligenza e inosservanza delle norme disciplinanti la navigazione
marittima cagionato la morte per annegamento di Bonadies
Ignazio, marinaio molfettese, e del mozzo Ezzedine
Ghvezaiel, entrambi membri dell'equipaggio del peschereccio
"Corrado", a seguito del naufragio di tale
imbarcazione intervenuta nel corso della notte tra il 2 e 3 maggio
1995 a circa tre miglia nautiche dal porto di Vasto.
In particolare
il capo di imputazione individuava numerosi profili di colpa a
carico del Natarelli nella sua qualità di proprietario e armatore
dell'imbarcazione. Essi schematicamente possono essere sintetizzati
nel modo che segue:
1- l'avere
operato modifiche strutturali dell'imbarcazione che, nel determinare
un aumento di dislocamento della stessa, riducevano il bordo libero
originario e il valore dell' altezza metacentrica;
2- il non
essersi imbarcato sul peschereccio in questione malgrado che la sua
presenza a bordo fosse prevista sul ruolo di equipaggio non avendo
provveduto alla sua sostituzione con altra persona qualificata a
svolgere le funzioni di direttore di macchina;
3- l'avere
affidato la manutenzione dell'imbarcazione a persona non
qualificata;
4- il non
avere segnalato con la dovuta tempestività il mancato rientro in
porto dell'imbarcazione.
L'istruttoria
dibattimentale espletata ha permesso di ricostruire, con la
necessaria sicurezza, l'esatta dinamica seguita dall' incidente in
questione. E' infatti emerso che:
a) Equipaggio. La notte del naufragio l'equipaggio del peschereccio
¬era costituito dal Bonadies, con qualifica di comandante, e da tale
Amato, in qualità di marinaio e dal Ghvezaiel (che in realtà
svolgeva, in luogo del Benadies, le funzioni di comandante).
Secondo invece
il molino l'equipaggio dell'imbarcazione sarebbe dovuto essere
costituito, oltre che dal Bonadies e dall'Amato, dal Natarelli, in
qualità di direttore di macchina, e dal Othman, in qualità di mozzo.
Tale Othman era invece stato sostituito dal Ghvezaiel a seguito del
contemporaneo verificarsi di un infortunio occorso al Othman e di un
incidente al peschereccio dove era imbarcato il Ghvezaiel che si era
andato a incagliare su un basso fondale ( vd. deposizione resa da
Amato, ud. 4.12.97 pago 44 ).
Nessun
motorista risultava invece imbarcato in luogo dell'imputato rimasto
a terra.
b) Manutenzione. La manutenzione ordinaria era curata da tale
Tarabacci Orlando detto " l' argentino ". Tale
attività in realtà consisteva semplicemente, per usare le
espressioni usate dallo stesso Tarabacci sentito in qualità di
teste, nel cambiare l'olio, controllare il filtro e il livello
dell'acqua, verificare le condizioni delle cinghie di trasmissione,
sostituire le lampadine.
Della
manutenzione straordinaria se ne occupava invece l'officina Vasto
Diesel e, per la parte elettrica, l'officina di Nepa Mario.
In relazione
all'ultimo controllo effettuato il giorno precedente al naufragio il
Tarabacci, peraltro a suo stesso dire generico marinaio, dichiarava
di avere riscontrato, al momento di accensione del motore, che
l'allarme funzionava.
Lo stesso Nepa,
che pure in sede di esame testimoniale riferiva di non ricordare se
avesse o meno mai controllato la funzionalità del sistema d'allarme,
aveva in precedenza dichiarato testualmente che" ... non ho mai
controllato il sensore poiché mai mi è stato chiesto di verificarne
la funzionalità anche perché la verifica è facile da fare... "
c) Precedente incidente al Corrado. Sul punto ha diffusamente
riferito il teste Uva. In particolare questi dichiarava che già in
una precedente occasione, peraltro verificatasi in pieno giorno e
con mare calmo, si era prodotta la rottura del tubo di raccordo tra
la pompa di lavaggio e la pompa di sentina con conseguente
allagamento del locale motore (e presumibilmente, in considerazione
della presenza di un buco nella paratia divisoria con il locale
ghiacciaia, anche di tale ultimo locale ).
Anche in tale
occasione l'allarme non aveva funzionato. Né aveva funzionato la
pompa di sentina, presumibilmente a causa dell' ostruzione della
pigna di aspirazione a causa delle" porcherie " presenti in sentina.
Peraltro in quest'occasione l'equipaggio poteva disimpegnarsi con
successo e riusciva in particolare ad attivare, dopo avere
sgomberato parte dell'acqua a mezzo di secchi, il motore ausiliario.
d) Il naufragio . Verso la mezzanotte del 3.5.95 il Corrado si
trovava intento, nella zona a nord di Punta Penna, intento in
operazioni di pesca con rete a strascico, con rotta verso terra (
direzione sud-ovest). Il mare era a forza con vento di maestrale
(proveniente da nord-est) in aumento. Il bordo libero presumibile,
in considerazione del carico dell' imbarcazione, è stato valutato
nell'ordine dei 38 - 40 cm in relazione al posizionamento, a poppa,
degli scarichi grandi masse sul ponte di coperta. Bonadies e Amato
erano intenti a svolgere operazioni sul pesce mentre Ghvezaiel era
al timone.
Nessuno
dell'equipaggio peraltro notava (probabilmente a causa di vari
fattori concomitanti: buio, rollio dell'imbarcazione dovuto alle
condizioni del mare che peraltro proveniva da poppa, presenza di
rete che teneva schiacciata a poppa la nave) che, appunto a causa
della rottura del tubo di raccordo tra la pompa di lavaggio e la
pompa di sentina, l'imbarcazione stava imbarcando notevoli masse
d'acqua con conseguente allagamento dei locali motori, sentina e
ghiacciaia e relativo abbassamento del ponte di coperta verso il
mare.
Ad un certo
punto l'Amato, aprendo il portello di accesso alla stiva notava la
presenza di acqua sul fondo e avvertiva gli altri membri dell'
equipaggio. Veniva quindi aperto il portello dell' osteriggio del
locale (rimasto motore improvvidamente chiuso da ore) che risultava
parzialmente allagato. Il Guazzil scendeva quindi in tale locale e,
pur nella difficoltà del momento, riusciva a chiudere la presa di
dritta che alimenta la pompa di lavaggio.
Secondo i vari
consulenti tale operazione, tecnicamente perfetta, consentiva di
congelare la situazione impedendo un ulteriore allagamento d'acqua .
Invece, secondo quanto riferito dall' Amato, il Ghvezaiel risaliva
in coperta senza cercare di azionare il motore ausiliario
(operazione che invece nel precedente incidente aveva permesso di
superare il momento di difficoltà) e, in base all'errata convinzione
che dovesse esservi un'ulteriore presa che invece non era stata
rinvenuta, si predisponevano le per abbandono dell' imbarcazione
cercava, nella concitazione del momento e con l'aiuto dei compagni,
di limitare i danni di un naufragio ritenuto ormai non più
evitabile.
In primo luogo
si indirizzava la prua dell'imbarcazione verso terra e si mollavano
i cavi d'acciaio che tenevano le reti. Anche tale ultima operazione
avrebbe potuto essere utile non soltanto nel senso di (consentire
una maggiore velocità di crociera all'imbarcazione ma soprattutto
nel consentirle una maggiore manovrabilità (si tenga conto che il
mare veniva preso da poppa) e sottrarla al peso delle reti che la
tenevano" appoppata ".
E invece
l'apertura dei freni del verricello non comportava la completa
liberazione del cavo di sinistra con conseguente forte sbandamento
dell'imbarcazione verso destra e presumibile ulteriore allagamento.
Poiché la
situazione andava peggiorando con rapidità l'equipaggio, dopo vere
cercato inutilmente di gettare in mare una scialuppa di salvataggio
e dopo avere sparato, soltanto a mezza altezza, due razzi di
soccorso, decideva di abbandonare la nave gettandosi in mare
munendosi di giubbotti di salvataggio (invece il Gvezaiel cadeva in
mare proprio un attimo prima che potesse prenderlo ).
Il Corrado
inabissava senza che nessuno dei membri dell'equipaggio provvedesse,
o mediante la radio, o il baracchino o il cellulare, a dare
l'allarme. Il peschereccio sarebbe dovuto rientrare al porto alle
ore 4.00 . L'imputato Natarelli dava invece notizia del mancato
rientro soltanto alle ore 7.10.
Ciò che deve
essere accertato è appunto la circostanza se l'imbarcazione, in
ragione della sua condizione complessiva anche in relazione a tali
modifiche, venisse o meno utilizzata con modalità e per finalità non
consentite e come tali dell'equipaggio, pericolose per l'incolumità
Successivamente al naufragio l'imbarcazione è stata sottoposta a
revisione dal Registro Navale Italiano che lo ritenuto ancora idoneo
alla pesca seppure riducendo l'autorizzazione alla navigazione entro
le sei miglia marine dalla costa (e non invece alle venti
originarie).
Al momento del
naufragio l'imbarcazione si trovava ampiamente entro il limite in
cui comunque risultava idonea ( era infatti circa 2,8 miglia dalla
costa) ragione per cui non può ravvisarsi alcun elemento di colpa
sotto questo profilo.
Risulta invece
evidente che l'assenza di un esperto motorista quale membro
dell'equipaggio sarebbe stata circostanza che, con ogni probabilità,
avrebbe impedito sia il naufragio che la perdita delle vite umane.
Tale presenza
sarebbe stata tanto più necessaria se tiene conto che il comandante
dell'imbarcazione, il Bonadies, era sostanzialmente un cuoco e si
limitava ad andare per mare esclusivamente nei mesi invernali.
Colui che era
il vero e proprio comandante era il realtà il Ghvezaiel ma anche
questi, a parte il fatto che non poteva vantare tale qualifica, non
doveva avere una particolare esperienza né della nave (era infatti
stato appena imbarcato a seguito dell'infortunio del cognato) né
della navigazione in generale (l'imbarcazione su cui precedentemente
era imbarcato, e su cui presumibilmente svolgeva le mansioni di
comandante, era, andata a danneggiarsi su un fondale basso ed era in
riparazione ).
L'Amato era un
semplice marinaio e si è semplicemente limitato a seguire gli ordini
che gli venivano impartiti. Lo stesso comportamento tenuto
dall'equipaggio, pur nella difficoltà della situazione e tenendo
conto della sfortunata concatenazione degli avvenimenti, è peraltro
estremamente indicativo dell' inesperienza dello stesso e della
necessità che vi fosse una persona realmente capace di operare in
mare con l'imbarcazione in questione.
La difesa
dell'imputato ha sul punto sostenuto che è dovere del comandante
dell'imbarcazione, ai sensi dell'art. 297 codice della navigazione,
verificare, prima di intraprendere il viaggio, che la nave sia
correttamente equipaggiata.
Tale tesi non
è peraltro condivisibile. Il membro dell'equipaggio che non si era
presentato per l'imbarco era appunto l'odierno imputato che appunto,
oltre ad essere proprietario ed armatore dell'imbarcazione,
risultava, ai fini dell'integrazione della forza minima, anche come
motorista pur non avendo di fatto mai partecipato al viaggio della
nave.
Ed è
ragionevole pensare che non potessero né il Gvezaiel, né tanto meno
il Bonadies, rifiutarsi di prendere il mare ritenendo non
correttamente equipaggiata l'imbarcazione se non a prezzo di
conseguenze facilmente prevedibili.
E' quindi all'
odierno imputato che si deve attribuire la responsabilità di non
aver dotato, nella realtà, il Corrado di un equipaggio della dovuta
esperienza e che comprendesse anche un motorista con il conseguente
rispetto della normativa in materia di forza minima (a carico dello
stesso armatore : art. 1121 codice della navigazione ).
Il Giudice , inoltre, rilevava quanto segue :
1- il Tarabaci Orlando non era una persona con particolari
conoscenze tecniche ma semplicemente un marinaio cui venivano
attribuite anche generiche funzioni di addetto alla manutenzione
ordinaria dell' imbarcazione;
2- egli si
limitava semplicemente ad un controllo superficiale dell'efficienza
dell'imbarcazione e, davanti ad una riparazione che comportava il
superamento di un problema tecnico di maggiore difficoltà, era
costretto a far richiedere l'intervento di addetti realmente
competente;
3- egli era semplicemente a conoscenza dell'esistenza dell'allarme
di sentina in quanto a volte quando andava a mettere in moto
l'imbarcazione lo stesso si attivava automaticamente;
4- è egli stesso a definirsi, relativamente alle sue qualità di
addetto alla manutenzione, "non è che sono una persona tanto capace"
. Relativamente all'allarme che pure riferisce di averlo trovato
funzionante poche ore prima del naufragio rilascia dichiarazioni che
danno esatta contezza sul reale controllo operato su tale
dispositivo di sicurezza.
Infatti alle
pagine 19-20 del verbale di udienza il teste confonde i supporti dei
galleggianti allarme sentina, di cui alla foto n. 9 della relazione
del consulente del PM con gli stessi galleggianti. Successivamente
dichiara di non avere potuto verificare il funzionamento
dell'allarme in quanto se non c'era acqua nella sentina l'allarme
non poteva funzionare (mentre invece avrebbe potuto collegare i
galleggianti ai sensori con la mano;
5- il Tarabaci non provvedeva quindi a pulire la sentina. Le
condizioni di sporcizia e di abbandono di tale locale comportavano
quindi l'otturazione della pigna di aspirazione della pompa di
sentina con conseguente suo difettoso funzionamento; 6- il Nepa non
ha mai verificato il funzionamento dell'allarme poiché nessuno gli
aveva mai detto di farlo. Tale circostanza risulta particolarmente
grave se si tiene conto che già nell'episodio capitato all'Uva si
era prodotto l'allagamento della sala macchine e della sentina senza
che l'allarme si mettesse in funzione.
Egualmente e drammaticamente fondato risulta un ulteriore profilo di
colpa. Tale aspetto, che peraltro ha avuto efficacia causale
soltanto con riferimento al decesso del Bonadies (infatti il
Ghvezaiel è stato immediatamente sbalzato in mare senza giubbotto di
salvataggio ragione per cui si deve ritenere che lo stesso sia
annegato, in considerazione delle condizioni del mare, in tempi
relativamente brevi) che a metà mattinata del 3.5.95, secondo quanto
riferito dall' Amato, era ancora in vita e poteva quindi, qualora i
soccorsi fossero stati tempestivamente allertati, ancora essere
tratto in salvo.
Tale profilo
peraltro è quello in cui la condotta tenuta dall'imputato risulta
particolarmente negligente. E infatti questi ha aspettato dalle ore
4.00, momento in cui il peschereccio doveva rientrare in porto, alle
ore 7.10 prima di dare l'allarme. Tale condotta, già di per sé
estremamente significativa, lo diventa ancora di più se si tiene
conto di tali ulteriori elementi:
1- il mancato rispetto dell' orario di rientro del peschereccio in
porto era circostanza che doveva fortemente allarmare l'imputato.
Infatti tale mancata presenza comportava la conseguente
impossibilità di porre in vendita il pescato e quindi l'inutilità
del lavoro svolto;
2- le
condizioni del mare non era buone ( forza 3 circa al momento
dell'affondamento ) ed erano in progressivo peggioramento. Il
Corrado, appunto per la sua caratteristica di avere un bordo libero
particolarmente ridotto, era di fatto costretto a dover rientrare in
porto con mare forza 5 e comunque operava con un certo disagio con
mare forza 3;
3- l'equipaggio a bordo disponeva, oltre che del" baracchino "anche
della radio e del telefono cellulare messo a disposizione dallo
stesso imputato. Questi ben avrebbe potuto, una volta resosi conto
del ritardo nel rientro, cercare di mettersi in contatto con la nave
e quindi, verificata dare tale impossibilità, tempestivamente
l'allarme;
4- il Corrado aveva già avuto un grave incidente in navigazione che
ne aveva, sia pure in pieno giorno e con condizioni di mare
favorevoli, comportato quasi l'affondamento (si noti poi, per
inciso, che malgrado si fosse già verificato l'inconveniente della
rottura del tubo di collegamento l'imputato non avesse ritenuto
opportuno istruire l'equipaggio sul comportamento da tenere qualora
l'inconveniente si fosse ripresentato ).
Nessuna giustificazione è stata invece fornita in ordine al ritardo
con cui l'allarme è stato dato. Soltanto in sede di discussione
orale il difensore dell'imputato ha cercato di giustificare tale
condotta con il fatto che l'imputato, avendo notato l mancato
rientro i dell'imbarcazione nel porto di Vasto, si sarebbe recato ai
porti Ortona e Termoli per verificare se la nave, come già avvenuto
altre volte, allontanatasi troppo dal porto di Vasto, non avesse
deciso di scaricare lì il pescato, Tale tesi, peraltro non
confortata da alcun elemento di prova, non varrebbe comunque ad
escludere la responsabilità per colpa dell'imputato.
E' infatti
assolutamente inverosimile che questi, prima ancora di recarsi nelle
località sopra indicate, non abbia cercato inutilmente di mettersi
in contatto telefonico o radio con l'equipaggio per cercare di
sapere dove lo stesso e che quindi non avesse tutti gli elementi per
rendersi conto dell' effettiva gravità della situazione.
L'imputato
risulta quindi responsabile, per colpa, della morte di Bonadies
Ignazio e di Ezzedine Ghvezaiel.
L'imputato va
quindi riconosciuto responsabile del reato di cui al capo di
imputazione. La pena va quindi determinata, in considerazione ei
parametri di cui all'art. 133 codice penale, in mesi 6 di reclusione
oltre al pagamento delle spese processuali (con attenuanti
generiche, concedibili in considerazione della sostanziale
incensuratezza del pervenuto. E' concedibile il beneficio della
sospensione condizionale della pena.
L'imputato va
inoltre condannato al risarcimento dei danni patiti dalle parti
civili da liquidarsi in esito ad instaurando giudizio. E'
concedibile una provvisionale di £. 25.000.000 a favore di ciascuna
delle vedove dei marinai deceduti.
Per Questi
Motivi visti gli artt. 533 535 c.p.p., ritenuta la penale
responsabilità dell'imputato in relazione al reato contestato gli in
epigrafe, con le generiche, lo condanna alla pena di mesi 6 di
reclusione oltre pagamento delle spese processuali. Pena sospesa.
Visti gli
artt. 538 e seg. c.p.p., condanna l'imputato al risarcimento dei
danni patiti dalle parti civili da liquidarsi in esito ad
instaurando giudizio civile.
