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Caduti

del mare

 

 

21 febbraio 2008

Bepi Maralfa su

 

Sentenza di primo grado del

 Tribunale di Vasto

del 18 dicembre 1997

sull'affondamento del

motopeschereccio "Corrado"

avvenuta il 3 maggio 1995

 

 

La tragica morte dei due marinai

 

L'imputato Natarelli Corrado, armatore, veniva tratto a giudizio per avere, per colpa, consistente in imprudenza, imperizia e negligenza e inosservanza delle norme disciplinanti la navigazione marittima cagionato la morte per annegamento di Bonadies Ignazio, marinaio molfettese, e del mozzo Ezzedine Ghvezaiel, entrambi membri dell'equipaggio del peschereccio "Corrado", a seguito del naufragio di tale imbarcazione intervenuta nel corso della notte tra il 2 e 3 maggio 1995 a circa tre miglia nautiche dal porto di Vasto.

In particolare il capo di imputazione individuava numerosi profili di colpa a carico del Natarelli nella sua qualità di proprietario e armatore dell'imbarcazione. Essi schematicamente possono essere sintetizzati nel modo che segue:

1- l'avere operato modifiche strutturali dell'imbarcazione che, nel determinare un aumento di dislocamento della stessa, riducevano il bordo libero originario e il valore dell' altezza metacentrica;

2- il non essersi imbarcato sul peschereccio in questione malgrado che la sua presenza a bordo fosse prevista sul ruolo di equipaggio non avendo provveduto alla sua sostituzione con altra persona qualificata a svolgere le funzioni di direttore di macchina;

3- l'avere affidato la manutenzione dell'imbarcazione a persona non qualificata;

4- il non avere segnalato con la dovuta tempestività il mancato rientro in porto dell'imbarcazione.

L'istruttoria dibattimentale espletata ha permesso di ricostruire, con la necessaria sicurezza, l'esatta dinamica seguita dall' incidente in questione. E' infatti emerso che:

a) Equipaggio. La notte del naufragio l'equipaggio del peschereccio ¬era costituito dal Bonadies, con qualifica di comandante, e da tale Amato, in qualità di marinaio e dal Ghvezaiel (che in realtà svolgeva, in luogo del Benadies, le funzioni di comandante).

Secondo invece il molino l'equipaggio dell'imbarcazione sarebbe dovuto essere costituito, oltre che dal Bonadies e dall'Amato, dal Natarelli, in qualità di direttore di macchina, e dal Othman, in qualità di mozzo. Tale Othman era invece stato sostituito dal Ghvezaiel a seguito del contemporaneo verificarsi di un infortunio occorso al Othman e di un incidente al peschereccio dove era imbarcato il Ghvezaiel che si era andato a incagliare su un basso fondale ( vd. deposizione resa da Amato, ud. 4.12.97 pago 44 ).

Nessun motorista risultava invece imbarcato in luogo dell'imputato rimasto a terra.

b) Manutenzione. La manutenzione ordinaria era curata da tale Tarabacci Orlando detto " l' argentino ". Tale attività in realtà consisteva semplicemente, per usare le espressioni usate dallo stesso Tarabacci sentito in qualità di teste, nel cambiare l'olio, controllare il filtro e il livello dell'acqua, verificare le condizioni delle cinghie di trasmissione, sostituire le lampadine.

Della manutenzione straordinaria se ne occupava invece l'officina Vasto Diesel e, per la parte elettrica, l'officina di Nepa Mario.

In relazione all'ultimo controllo effettuato il giorno precedente al naufragio il Tarabacci, peraltro a suo stesso dire generico marinaio, dichiarava di avere riscontrato, al momento di accensione del motore, che l'allarme funzionava.

Lo stesso Nepa, che pure in sede di esame testimoniale riferiva di non ricordare se avesse o meno mai controllato la funzionalità del sistema d'allarme, aveva in precedenza dichiarato testualmente che" ... non ho mai controllato il sensore poiché mai mi è stato chiesto di verificarne la funzionalità anche perché la verifica è facile da fare... "

c) Precedente incidente al Corrado. Sul punto ha diffusamente riferito il teste Uva. In particolare questi dichiarava che già in una precedente occasione, peraltro verificatasi in pieno giorno e con mare calmo, si era prodotta la rottura del tubo di raccordo tra la pompa di lavaggio e la pompa di sentina con conseguente allagamento del locale motore (e presumibilmente, in considerazione della presenza di un buco nella paratia divisoria con il locale ghiacciaia, anche di tale ultimo locale ).

Anche in tale occasione l'allarme non aveva funzionato. Né aveva funzionato la pompa di sentina, presumibilmente a causa dell' ostruzione della pigna di aspirazione a causa delle" porcherie " presenti in sentina. Peraltro in quest'occasione l'equipaggio poteva disimpegnarsi con successo e riusciva in particolare ad attivare, dopo avere sgomberato parte dell'acqua a mezzo di secchi, il motore ausiliario.

d) Il naufragio . Verso la mezzanotte del 3.5.95 il Corrado si trovava intento, nella zona a nord di Punta Penna, intento in operazioni di pesca con rete a strascico, con rotta verso terra ( direzione sud-ovest). Il mare era a forza con vento di maestrale (proveniente da nord-est) in aumento. Il bordo libero presumibile, in considerazione del carico dell' imbarcazione, è stato valutato nell'ordine dei 38 - 40 cm in relazione al posizionamento, a poppa, degli scarichi grandi masse sul ponte di coperta. Bonadies e Amato erano intenti a svolgere operazioni sul pesce mentre Ghvezaiel era al timone.

Nessuno dell'equipaggio peraltro notava (probabilmente a causa di vari fattori concomitanti: buio, rollio dell'imbarcazione dovuto alle condizioni del mare che peraltro proveniva da poppa, presenza di rete che teneva schiacciata a poppa la nave) che, appunto a causa della rottura del tubo di raccordo tra la pompa di lavaggio e la pompa di sentina, l'imbarcazione stava imbarcando notevoli masse d'acqua con conseguente allagamento dei locali motori, sentina e ghiacciaia e relativo abbassamento del ponte di coperta verso il mare.

Ad un certo punto l'Amato, aprendo il portello di accesso alla stiva notava la presenza di acqua sul fondo e avvertiva gli altri membri dell' equipaggio. Veniva quindi aperto il portello dell' osteriggio del locale (rimasto motore improvvidamente chiuso da ore) che risultava parzialmente allagato. Il Guazzil scendeva quindi in tale locale e, pur nella difficoltà del momento, riusciva a chiudere la presa di dritta che alimenta la pompa di lavaggio.

Secondo i vari consulenti tale operazione, tecnicamente perfetta, consentiva di congelare la situazione impedendo un ulteriore allagamento d'acqua . Invece, secondo quanto riferito dall' Amato, il Ghvezaiel risaliva in coperta senza cercare di azionare il motore ausiliario (operazione che invece nel precedente incidente aveva permesso di superare il momento di difficoltà) e, in base all'errata convinzione che dovesse esservi un'ulteriore presa che invece non era stata rinvenuta, si predisponevano le per abbandono dell' imbarcazione cercava, nella concitazione del momento e con l'aiuto dei compagni, di limitare i danni di un naufragio ritenuto ormai non più evitabile.

In primo luogo si indirizzava la prua dell'imbarcazione verso terra e si mollavano i cavi d'acciaio che tenevano le reti. Anche tale ultima operazione avrebbe potuto essere utile non soltanto nel senso di (consentire una maggiore velocità di crociera all'imbarcazione ma soprattutto nel consentirle una maggiore manovrabilità (si tenga conto che il mare veniva preso da poppa) e sottrarla al peso delle reti che la tenevano" appoppata ".

E invece l'apertura dei freni del verricello non comportava la completa liberazione del cavo di sinistra con conseguente forte sbandamento dell'imbarcazione verso destra e presumibile ulteriore allagamento.

Poiché la situazione andava peggiorando con rapidità l'equipaggio, dopo vere cercato inutilmente di gettare in mare una scialuppa di salvataggio e dopo avere sparato, soltanto a mezza altezza, due razzi di soccorso, decideva di abbandonare la nave gettandosi in mare munendosi di giubbotti di salvataggio (invece il Gvezaiel cadeva in mare proprio un attimo prima che potesse prenderlo ).

Il Corrado inabissava senza che nessuno dei membri dell'equipaggio provvedesse, o mediante la radio, o il baracchino o il cellulare, a dare l'allarme. Il peschereccio sarebbe dovuto rientrare al porto alle ore 4.00 . L'imputato Natarelli dava invece notizia del mancato rientro soltanto alle ore 7.10.

Ciò che deve essere accertato è appunto la circostanza se l'imbarcazione, in ragione della sua condizione complessiva anche in relazione a tali modifiche, venisse o meno utilizzata con modalità e per finalità non consentite e come tali dell'equipaggio, pericolose per l'incolumità Successivamente al naufragio l'imbarcazione è stata sottoposta a revisione dal Registro Navale Italiano che lo ritenuto ancora idoneo alla pesca seppure riducendo l'autorizzazione alla navigazione entro le sei miglia marine dalla costa (e non invece alle venti originarie).

Al momento del naufragio l'imbarcazione si trovava ampiamente entro il limite in cui comunque risultava idonea ( era infatti circa 2,8 miglia dalla costa) ragione per cui non può ravvisarsi alcun elemento di colpa sotto questo profilo.

Risulta invece evidente che l'assenza di un esperto motorista quale membro dell'equipaggio sarebbe stata circostanza che, con ogni probabilità, avrebbe impedito sia il naufragio che la perdita delle vite umane.

Tale presenza sarebbe stata tanto più necessaria se tiene conto che il comandante dell'imbarcazione, il Bonadies, era sostanzialmente un cuoco e si limitava ad andare per mare esclusivamente nei mesi invernali.

Colui che era il vero e proprio comandante era il realtà il Ghvezaiel ma anche questi, a parte il fatto che non poteva vantare tale qualifica, non doveva avere una particolare esperienza né della nave (era infatti stato appena imbarcato a seguito dell'infortunio del cognato) né della navigazione in generale (l'imbarcazione su cui precedentemente era imbarcato, e su cui presumibilmente svolgeva le mansioni di comandante, era, andata a danneggiarsi su un fondale basso ed era in riparazione ).

L'Amato era un semplice marinaio e si è semplicemente limitato a seguire gli ordini che gli venivano impartiti. Lo stesso comportamento tenuto dall'equipaggio, pur nella difficoltà della situazione e tenendo conto della sfortunata concatenazione degli avvenimenti, è peraltro estremamente indicativo dell' inesperienza dello stesso e della necessità che vi fosse una persona realmente capace di operare in mare con l'imbarcazione in questione.

La difesa dell'imputato ha sul punto sostenuto che è dovere del comandante dell'imbarcazione, ai sensi dell'art. 297 codice della navigazione, verificare, prima di intraprendere il viaggio, che la nave sia correttamente equipaggiata.

Tale tesi non è peraltro condivisibile. Il membro dell'equipaggio che non si era presentato per l'imbarco era appunto l'odierno imputato che appunto, oltre ad essere proprietario ed armatore dell'imbarcazione, risultava, ai fini dell'integrazione della forza minima, anche come motorista pur non avendo di fatto mai partecipato al viaggio della nave.

Ed è ragionevole pensare che non potessero né il Gvezaiel, né tanto meno il Bonadies, rifiutarsi di prendere il mare ritenendo non correttamente equipaggiata l'imbarcazione se non a prezzo di conseguenze facilmente prevedibili.

E' quindi all' odierno imputato che si deve attribuire la responsabilità di non aver dotato, nella realtà, il Corrado di un equipaggio della dovuta esperienza e che comprendesse anche un motorista con il conseguente rispetto della normativa in materia di forza minima (a carico dello stesso armatore : art. 1121 codice della navigazione ).

Il Giudice , inoltre, rilevava quanto segue :

1- il Tarabaci Orlando non era una persona con particolari conoscenze tecniche ma semplicemente un marinaio cui venivano attribuite anche generiche funzioni di addetto alla manutenzione ordinaria dell' imbarcazione;

2- egli si limitava semplicemente ad un controllo superficiale dell'efficienza dell'imbarcazione e, davanti ad una riparazione che comportava il superamento di un problema tecnico di maggiore difficoltà, era costretto a far richiedere l'intervento di addetti realmente competente;

3- egli era semplicemente a conoscenza dell'esistenza dell'allarme di sentina in quanto a volte quando andava a mettere in moto l'imbarcazione lo stesso si attivava automaticamente;

4- è egli stesso a definirsi, relativamente alle sue qualità di addetto alla manutenzione, "non è che sono una persona tanto capace" . Relativamente all'allarme che pure riferisce di averlo trovato funzionante poche ore prima del naufragio rilascia dichiarazioni che danno esatta contezza sul reale controllo operato su tale dispositivo di sicurezza.

Infatti alle pagine 19-20 del verbale di udienza il teste confonde i supporti dei galleggianti allarme sentina, di cui alla foto n. 9 della relazione del consulente del PM con gli stessi galleggianti. Successivamente dichiara di non avere potuto verificare il funzionamento dell'allarme in quanto se non c'era acqua nella sentina l'allarme non poteva funzionare (mentre invece avrebbe potuto collegare i galleggianti ai sensori con la mano;

5- il Tarabaci non provvedeva quindi a pulire la sentina. Le condizioni di sporcizia e di abbandono di tale locale comportavano quindi l'otturazione della pigna di aspirazione della pompa di sentina con conseguente suo difettoso funzionamento; 6- il Nepa non ha mai verificato il funzionamento dell'allarme poiché nessuno gli aveva mai detto di farlo. Tale circostanza risulta particolarmente grave se si tiene conto che già nell'episodio capitato all'Uva si era prodotto l'allagamento della sala macchine e della sentina senza che l'allarme si mettesse in funzione.

Egualmente e drammaticamente fondato risulta un ulteriore profilo di colpa. Tale aspetto, che peraltro ha avuto efficacia causale soltanto con riferimento al decesso del Bonadies (infatti il Ghvezaiel è stato immediatamente sbalzato in mare senza giubbotto di salvataggio ragione per cui si deve ritenere che lo stesso sia annegato, in considerazione delle condizioni del mare, in tempi relativamente brevi) che a metà mattinata del 3.5.95, secondo quanto riferito dall' Amato, era ancora in vita e poteva quindi, qualora i soccorsi fossero stati tempestivamente allertati, ancora essere tratto in salvo.

Tale profilo peraltro è quello in cui la condotta tenuta dall'imputato risulta particolarmente negligente. E infatti questi ha aspettato dalle ore 4.00, momento in cui il peschereccio doveva rientrare in porto, alle ore 7.10 prima di dare l'allarme. Tale condotta, già di per sé estremamente significativa, lo diventa ancora di più se si tiene conto di tali ulteriori elementi:

1- il mancato rispetto dell' orario di rientro del peschereccio in porto era circostanza che doveva fortemente allarmare l'imputato. Infatti tale mancata presenza comportava la conseguente impossibilità di porre in vendita il pescato e quindi l'inutilità del lavoro svolto;

2- le condizioni del mare non era buone ( forza 3 circa al momento dell'affondamento ) ed erano in progressivo peggioramento. Il Corrado, appunto per la sua caratteristica di avere un bordo libero particolarmente ridotto, era di fatto costretto a dover rientrare in porto con mare forza 5 e comunque operava con un certo disagio con mare forza 3;

3- l'equipaggio a bordo disponeva, oltre che del" baracchino "anche della radio e del telefono cellulare messo a disposizione dallo stesso imputato. Questi ben avrebbe potuto, una volta resosi conto del ritardo nel rientro, cercare di mettersi in contatto con la nave e quindi, verificata dare tale impossibilità, tempestivamente l'allarme;

4- il Corrado aveva già avuto un grave incidente in navigazione che ne aveva, sia pure in pieno giorno e con condizioni di mare favorevoli, comportato quasi l'affondamento (si noti poi, per inciso, che malgrado si fosse già verificato l'inconveniente della rottura del tubo di collegamento l'imputato non avesse ritenuto opportuno istruire l'equipaggio sul comportamento da tenere qualora l'inconveniente si fosse ripresentato ).

Nessuna giustificazione è stata invece fornita in ordine al ritardo con cui l'allarme è stato dato. Soltanto in sede di discussione orale il difensore dell'imputato ha cercato di giustificare tale condotta con il fatto che l'imputato, avendo notato l mancato rientro i dell'imbarcazione nel porto di Vasto, si sarebbe recato ai porti Ortona e Termoli per verificare se la nave, come già avvenuto altre volte, allontanatasi troppo dal porto di Vasto, non avesse deciso di scaricare lì il pescato, Tale tesi, peraltro non confortata da alcun elemento di prova, non varrebbe comunque ad escludere la responsabilità per colpa dell'imputato.

E' infatti assolutamente inverosimile che questi, prima ancora di recarsi nelle località sopra indicate, non abbia cercato inutilmente di mettersi in contatto telefonico o radio con l'equipaggio per cercare di sapere dove lo stesso e che quindi non avesse tutti gli elementi per rendersi conto dell' effettiva gravità della situazione.

L'imputato risulta quindi responsabile, per colpa, della morte di Bonadies Ignazio e di Ezzedine Ghvezaiel.

L'imputato va quindi riconosciuto responsabile del reato di cui al capo di imputazione. La pena va quindi determinata, in considerazione ei parametri di cui all'art. 133 codice penale, in mesi 6 di reclusione oltre al pagamento delle spese processuali (con attenuanti generiche, concedibili in considerazione della sostanziale incensuratezza del pervenuto. E' concedibile il beneficio della sospensione condizionale della pena.

L'imputato va inoltre condannato al risarcimento dei danni patiti dalle parti civili da liquidarsi in esito ad instaurando giudizio. E' concedibile una provvisionale di £. 25.000.000 a favore di ciascuna delle vedove dei marinai deceduti.

Per Questi Motivi visti gli artt. 533 535 c.p.p., ritenuta la penale responsabilità dell'imputato in relazione al reato contestato gli in epigrafe, con le generiche, lo condanna alla pena di mesi 6 di reclusione oltre pagamento delle spese processuali. Pena sospesa.

Visti gli artt. 538 e seg. c.p.p., condanna l'imputato al risarcimento dei danni patiti dalle parti civili da liquidarsi in esito ad instaurando giudizio civile.

 


 

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