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Caduti

del mare

 

5 febbraio 2008

Rosanna Buzzerio su

 

 

 

L'affondamento del "Francesco Padre"

non è più un mistero solo molfettese

A portare il sentire comune della città, Lucrezia D’Ambrosio, corrispondente della Gazzetta del Mezzogiorno, che si è occupata del caso sin dalle prime battute.

L’affondamento del motopesca “Francesco Padre” rimane una storia emblematica della marineria molfettese e non solo. Infatti, accende i riflettori su un altro aspetto di cui si è sempre restii a parlarne: i residui bellici presenti nel basso adriatico.

Dalla Magistratura il caso è stato chiuso con il sospetto che l’equipaggio del motopesca trasportasse esplosivo, ma la marineria molfettese sin da primo momento, e poi successivamente vedendo le immagini registrate da un robot a 250 metri di profondità, ha parlato di siluramento del “Francesco Padre” o di una mina incagliata nelle reti.

I marinai più vecchi ricordano perfettamente le cinque persone dell’equipaggio e dicono di loro che erano “brave persone, oneste e lavoratori, che non trasportavano armi, ma solo pesce”.

Ricordiamo che era il 4 novembre 1994 in piena guerra dell’ex Jugoslavia.

Partendo proprio da questa storia tutta molfettese che Franco Di Mare, giornalista e conduttore del programma di Rai Uno “Sabato & Domenica”, è voluto tornare sull’argomento per ricordare quanto poco sicuro il basso Adriatico.

In studio, a portare il sentire comune della città, Lucrezia D’Ambrosio, corrispondente della Gazzetta del Mezzogiorno, che si è occupata del caso sin dalle prime battute.

Proprio con Lucrezia abbiamo voluto ripercorrere le tappe fondamentali di questa storia.

L’approfondimento con Franco Di Mare ha lasciato trapelare la possibilità di una riapertura del caso. Reputi che sia fattibile?
Personalmente mi auspico che questo accada, anche se bisogna capire se ci sono i presupposti, perché un’inchiesta penale si riapre quando ci sono elementi nuovi. E quelli di cui si dispone in questo momento sono noti da tempo. Superando gli aspetti puramente tecnici, forse sarebbe il caso che si pensasse a recuperare i resti mortali dei quattro uomini dell’equipaggio.

Perché non li hanno mai recuperati?
Per la Procura l’operazione è particolarmente costosa. D'altra parte si ritiene che  il recupero dei resti dei quattro uomini e del relitto possa servire a capire le cause dell’esplosione che ha portato all’affondamento, non possa portare alla individuazione e alla punizione del colpevole: se il colpevole è uno dei componenti dell’equipaggio è morto, quindi non è punibile; se, invece, è una persona estranea all’equipaggio è praticamente impossibile individuarla, per punirla.

E i familiari in tutto questo?
I familiari ritengono che non si voglia scoprire la verità.

Non ti sembra che questo rimarrà uno dei misteri molfettesi più enigmatico?
Personalmente confido nell’intelligenza e nella “pietas” di chi può intervenire per restituire la dignità a queste persone.

L’approfondimento giornalistico fatto da Franco Di Mare rimarrà un momento isolato o potrà aiutare a far luce su questo mistero?
Dopo il programma alcuni milioni di italiani sono venuti a conoscenza di un fatto a loro totalmente ignoto, questo sicuramente è un punto fermo. L’errore che si è commesso dall’inizio è il trattare la tragedia del “Francesco Padre” come se fosse un fatto strettamente locale. Non è così perché coinvolge, comunque, cinque italiani. Non si sono mai costituiti comitati, non si sono mai fatte azioni coordinate per sollecitare le autorità nazionali, ci si è sempre solo affidate alle iniziative dei singoli. Se un programma televisivo ha rilanciato la notizia a livello nazionale ed è riuscito a raggiungere più persone, questo potrebbe essere davvero l’inizio di un nuovo momento.

Quali sensazioni ti ha suscitato parlare del “Francesco Padre” in televisione in programma di punta?
Un'emozione molto forte, non tanto dovuta al posto in cui mi trovavo, ma al ruolo che stavo rivestendo in quel momento. Due ore prima di partire per Roma ho incontrato Maria Pansini, la figlia del comandante del peschereccio, lei mi ha consegnato una foto e come se mi avesse affidato le sue speranze.

Quella foto è l’unica rimasta, tutte le altre sono state affidate ai giornalisti negli anni e non sono più tornate indietro. Maria mi ha affidato le sue parole, un momento tutto nostro in cui i sentimenti hanno prevalso su tutto il resto. Maria mi ha raccontato quello che ha vissuto in questi anni, del dolore che ancora sente e delle speranze che, nonostante tutto, continua ancora a nutrire. Maria non ha mai voluto vedere le riprese subacquee del relitto.

In quel programma non potevo farmi sopraffare dalle mie emozioni, io ero in secondo piano, dovevo raccontare un fatto per sollecitare le coscienze dei telespettatori. Maria subito dopo il programma mi ha mandato un sms: “spero che il dolore che oggi mi ha provocato guardare quelle immagini che non avevo mai visto possa portare a qualcosa: conoscere la verità”.

 


Guarda l'intervista dell'"Indignato Speciale" di Canale 5 effettuata il 2 dicembre 2008 a Maria Pansini, figlia del comandante del "Francesco Padre" perito nell'affondamento.

 

 

 

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