L'affondamento del
"Vito Padre"
GIULIANOVA - Domenica
le sue gemelline di sei mesi, Giulia e Sara, sarebbero state
battezzate e il padrino sarebbe stato il suo comandante, Salvatore
Calise. Dalla festa alla tragedia. E’ cambiata in un attimo la vita
di Roberto Di Giacomo, il 37enne marittimo giuliese, unico scampato
al naufragio del ”Vito Padre”, capovolto dalla forza di tre onde
consecutive, che l’hanno fatto dapprima adagiare e poi inabissare
velocemente sul fianco sinistro.
Ieri mattina il mare
ha restituito i corpi di Salvatore Calise, che era il comandante
dell’imbarcazione, e di Luigi Marini, entrambi di Martinsicuro. Il
primo è stato ”ripescato” dalle motovedette delle Capitanerie di
Giulianova e San Benedetto a largo di Roseto, l’altro addirittura in
corrispondenza della foce del fiume Vomano, a Pineto. Una corrente
fortissima li ha spinti da Cupramarittima sino alle coste teramane.
Sul molo il riconoscimento della salma di Calise da parte della
moglie, che è stata colta da malore, è quasi svenuta ed è stata
sorretta dai marinai della Capitaneria. Per il secondo il compito
del riconoscimento è toccato al fratello.
Entrambe le salme sono
state composte nell’obitorio dell’ospedale di Giulianova, dove è
stata effettuata la ricognizione cadaverica (niente autopsia,
dunque), che attribuirebbe ad annegamento e non ad assideramento,
come sembrava più probabile, la causa della morte dei due sfortunati
marinai. Roberto Di Giacomo, dopo una nottata trascorsa in ospedale,
è tornato ieri pomeriggio nella sua abitazione, un elegante
condominio, case popolari, ma con uno splendido portico fiorito,
dovuto alla collaborazione di tutti i condomini che, appena appresa
la notizia, in gran parte avevano raggiunto San Benedetto. «Eravamo
ormai a tre miglia dal porto racconta Di Giacomo non stavamo
pescando; anzi non era stata una giornata fortunata. Ad un certo
punto siamo stati investiti da un’onda, poi subito da un'altra, non
abbiamo fatto in tempo a ”raddrizzare” la barca, che una terza,
ancora più forte, ci ha fatto rovesciare sul fianco sinistro. Due
giubbotti di salvamento non si sono staccati. Uno sì e il comandante
e qui Roberto si commuove mi ha detto ”Dai, prendilo tu, indossalo
tu, non pensare a me”. Io l’ho afferrato ed ho visto che Marini era
riuscito a raggiungere quello che noi chiamiamo ”atollo”, una
piccola zattera autogonfiabile. A quel punto mi sono detto convinto
che lui sicuramente ce l’avrebbe fatta». E intanto il comandante?
«Salvatore continua Di Giacomo mi ha raggiunto, dopo che avevo
nuotato molto forte per evitare di essere risucchiato dal
peschereccio che è affondato in pochi attimi. Calise si è aggrappato
a me, siamo stati insieme, fianco a fianco, per più di un’ora. Poi
mi ha detto ”Non ce la faccio più, salvati tu” e si è lasciato
andare. Mi sono ritrovato solo e disperato in mezzo a quel mare in
tempesta. Non riuscivo a vedere nemmeno Marini. Ho nuotato, ho
nuotato tanto, ero arrivato quasi ad un miglio e mezzo dalla costa.
La notavo in lontananza, tra un’onda e un’altra che mi precludeva la
vista della riva. Poi mi sono rinfrancato quando ho visto sopra di
me un elicottero. Ma non mi hanno visto ed hanno continuato il loro
volo. Noi avevamo azionato il pulsante del ”soccorso”, prima di
inabissarci». Hai temuto anche per la tua sorte? «Per un momento
soltanto ho creduto di non farcela dice ancora ma ho pensato alle
mie bambine, a mia moglie, mi sono detto ”devi resistere per loro” e
intanto continuavo a nuotare perchè cominciavo a sentire freddo e
fermarsi avrebbe significato morire. Del resto la morte nel cuore ce
l’avevo già pensando a Salvatore, sapevo che lui, vivo, non l’avrei
mai più rivisto. Poi sono arrivate la barche, i soccorsi, le
motovedette, ed ho capito che avrei continuato a vivere. ma una cosa
è certa, mai più in mezzo al mare. Questi sono fatti che ti segnano
per tutta la vita. In un attimo ho perso innanzitutto due amici. Con
Calise ho lavorato per sedici anni. Era felice perchè aveva comprato
una furgone nuovo ed anche un’auto, si stava costruendo una casa ed
era soddisfatto per uno dei due figli che si era appena laureato, ho
perso anche i documenti di bordo, un lavoro e perfino la patente
anche se ho salvato la vita, cose che meritavano anche i miei
compagni».
Grande lavoro per il
comandante della Guardia costiera Fabrizio Dimaggio che ha tenuto a
sottolineare come «anche molti pescherecci giuliesi hanno
partecipato attivamente alle ricerche».
