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Caduti

del mare

 

 

1 giugno 2006

Francesco Marcozzi su

 

 

L'affondamento del "Vito Padre"

 

GIULIANOVA - Domenica le sue gemelline di sei mesi, Giulia e Sara, sarebbero state battezzate e il padrino sarebbe stato il suo comandante, Salvatore Calise. Dalla festa alla tragedia. E’ cambiata in un attimo la vita di Roberto Di Giacomo, il 37enne marittimo giuliese, unico scampato al naufragio del ”Vito Padre”, capovolto dalla forza di tre onde consecutive, che l’hanno fatto dapprima adagiare e poi inabissare velocemente sul fianco sinistro.

Ieri mattina il mare ha restituito i corpi di Salvatore Calise, che era il comandante dell’imbarcazione, e di Luigi Marini, entrambi di Martinsicuro. Il primo è stato ”ripescato” dalle motovedette delle Capitanerie di Giulianova e San Benedetto a largo di Roseto, l’altro addirittura in corrispondenza della foce del fiume Vomano, a Pineto. Una corrente fortissima li ha spinti da Cupramarittima sino alle coste teramane. Sul molo il riconoscimento della salma di Calise da parte della moglie, che è stata colta da malore, è quasi svenuta ed è stata sorretta dai marinai della Capitaneria. Per il secondo il compito del riconoscimento è toccato al fratello.

Entrambe le salme sono state composte nell’obitorio dell’ospedale di Giulianova, dove è stata effettuata la ricognizione cadaverica (niente autopsia, dunque), che attribuirebbe ad annegamento e non ad assideramento, come sembrava più probabile, la causa della morte dei due sfortunati marinai. Roberto Di Giacomo, dopo una nottata trascorsa in ospedale, è tornato ieri pomeriggio nella sua abitazione, un elegante condominio, case popolari, ma con uno splendido portico fiorito, dovuto alla collaborazione di tutti i condomini che, appena appresa la notizia, in gran parte avevano raggiunto San Benedetto. «Eravamo ormai a tre miglia dal porto racconta Di Giacomo non stavamo pescando; anzi non era stata una giornata fortunata. Ad un certo punto siamo stati investiti da un’onda, poi subito da un'altra, non abbiamo fatto in tempo a ”raddrizzare” la barca, che una terza, ancora più forte, ci ha fatto rovesciare sul fianco sinistro. Due giubbotti di salvamento non si sono staccati. Uno sì e il comandante e qui Roberto si commuove mi ha detto ”Dai, prendilo tu, indossalo tu, non pensare a me”. Io l’ho afferrato ed ho visto che Marini era riuscito a raggiungere quello che noi chiamiamo ”atollo”, una piccola zattera autogonfiabile. A quel punto mi sono detto convinto che lui sicuramente ce l’avrebbe fatta». E intanto il comandante? «Salvatore continua Di Giacomo mi ha raggiunto, dopo che avevo nuotato molto forte per evitare di essere risucchiato dal peschereccio che è affondato in pochi attimi. Calise si è aggrappato a me, siamo stati insieme, fianco a fianco, per più di un’ora. Poi mi ha detto ”Non ce la faccio più, salvati tu” e si è lasciato andare. Mi sono ritrovato solo e disperato in mezzo a quel mare in tempesta. Non riuscivo a vedere nemmeno Marini. Ho nuotato, ho nuotato tanto, ero arrivato quasi ad un miglio e mezzo dalla costa. La notavo in lontananza, tra un’onda e un’altra che mi precludeva la vista della riva. Poi mi sono rinfrancato quando ho visto sopra di me un elicottero. Ma non mi hanno visto ed hanno continuato il loro volo. Noi avevamo azionato il pulsante del ”soccorso”, prima di inabissarci». Hai temuto anche per la tua sorte? «Per un momento soltanto ho creduto di non farcela dice ancora ma ho pensato alle mie bambine, a mia moglie, mi sono detto ”devi resistere per loro” e intanto continuavo a nuotare perchè cominciavo a sentire freddo e fermarsi avrebbe significato morire. Del resto la morte nel cuore ce l’avevo già pensando a Salvatore, sapevo che lui, vivo, non l’avrei mai più rivisto. Poi sono arrivate la barche, i soccorsi, le motovedette, ed ho capito che avrei continuato a vivere. ma una cosa è certa, mai più in mezzo al mare. Questi sono fatti che ti segnano per tutta la vita. In un attimo ho perso innanzitutto due amici. Con Calise ho lavorato per sedici anni. Era felice perchè aveva comprato una furgone nuovo ed anche un’auto, si stava costruendo una casa ed era soddisfatto per uno dei due figli che si era appena laureato, ho perso anche i documenti di bordo, un lavoro e perfino la patente anche se ho salvato la vita, cose che meritavano anche i miei compagni».

Grande lavoro per il comandante della Guardia costiera Fabrizio Dimaggio che ha tenuto a sottolineare come «anche molti pescherecci giuliesi hanno partecipato attivamente alle ricerche».

 

 

 

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