Scapriano
è una contrada di Teramo posta su uno dei colli che circondano
la città. Di aspetto prevalentemente ottocentesco, è abbellita
da numerosi edifici ben ristrutturati o di nuova costruzione,
tra cui una modernissima chiesetta che si affaccia sulla piccola
piazza. Salendo ancora più su verso il Colle Castrogno, si
incontra la medievale Chiesa di S. Martino. Risale
probabilmente intorno all’anno Mille ma la prima documentazione
certa è del 1274. Posta lungo una importante via di collegamento
tra Teramo e Campli, era molto
conosciuta nell’Ottocento in quanto frequente luogo di sosta dei
viandanti. Lasciata progressivamente in abbandono, divorata
dalla vegetazione circostante e gravemente danneggiata per la
conseguente incuria, venne chiusa al culto nel 1963 in quanto
non più agibile. E’ stata riaperta l’11 novembre 2003 dopo un
lungo ed attento restauro reso possibile dall’impegno di un
apposito comitato di devoti. La copertura della chiesetta è a
capanna ed un piccolo campanile a vela in facciata sostiene una
campana. Il portale è costituito da quattro grandi formelle
scolpite in legno, opera dell’artista teramano Gianni Tarli, che
rievocano il gesto di San Martino di dividere il proprio
mantello con un viandante infreddolito. Ai suoi lati due basse
finestrelle consentono di guardare all’interno e di recitare una
preghiera. Al di sopra dell’architrave piana trova posto una
formella in ceramica, anch’essa con la raffigurazione della
generosità di San Martino.
Anche nella parte nuova di Scapriano troviamo una Chiesa di
S.Martino. E' moderna, ha un piccolo campanile a vela, è ad
aula unica e vi si celebrano regolarmente le funzioni religiose.
Per arrivarci da Teramo, da cui dista circa Km.3,5 (vedi
mappa): si
percorre la S.S.81 in direzione di
Ascoli Piceno fino ad
arrivare sul Ponte Vezzola dove, seguendo le facili indicazioni
stradali, si gira a destra. Occorre continuare a salire seguendo
la strada, purtroppo priva di adeguata segnaletica, fino ad
incontrare sulla sinistra la chiesetta di S.Martino.

Foto e testi di Francesco Mosca
(2011)
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