“C'è un filo rosso e oscuro che
attraversa la storia di questo paese, un filo al quale restano
appesi come fantasmi i misteri che avvelenano la memoria e
impediscono di definirci una democrazia matura, ragionevole,
compiuta...” si apre così con le parole di Andrea Purgatori
( autore della prefazione), il testo di Gianni Lannes,
nel libro "NATO: colpito e affondato". Un racconto che inizia
in mezzo al mare, il nostro Adriatico, al largo delle coste pugliesi
e finisce con un'inchiesta giudiziaria recentemente riaperta ( nel
febbraio di quest'anno) grazie alla costanza e alla dedizione di
uomini e donne che non hanno perso ancora la speranza di riuscire,
un giorno, a vedere appurata la verità. Una storia pesante, come in
Italia, da Piazza Fontana in poi, siamo abituati a sentire
raccontare, fatta di morte e dolore, di vite spezzate e memorie
infangate, di depistaggi e inchieste aperte e chiuse con estrema
rapidità. Su tutto, l'ombra pesante e ingombrante del “Segreto di
stato” e del segreto militare. Di quella vicenda probabilmente si è
persa la memoria, per lo meno quella dei non addetti ai lavori,
eppure, per quanto possa assomigliare molto alla trama di un giallo
dalle tinte nere, su cui campeggiano gli immancabili interessi
sovranazionali, è accaduta realmente, quasi 16 anni fa.
Quella notte del 4 novembre del 1994,
in mare aperto c'era una barca, un peschereccio, il cui nome era
Francesco Padre, a bordo 5 pescatori, Giovanni Pansini, 45 anni,
Luigi De Giglio, 56 anni, Saverio Gadaleta, 42, Francesco Zaza, 31
anni, e Mario De Nicolo, 28, e un cane. 5 uomini che non hanno mai
più fatto ritorno a casa e i cui corpi, ad oggi ( tutti tranne uno)
giacciono in fondo al mare, cibo per pesci.
Si perchè quella notte, il natante è
affondato, con lui è affondato l'equipaggio e insieme a loro, per
anni, anche questa storia. Lannes parte da qui, da
quell'affondamento e ripercorre, a ritroso tutte le tappe di una
vicenda che in molti avrebbero voluto insabbiare da subito, per
spingere la riflessione decisamente oltre, oltre la vicenda singola
e drammatica di questi 5 uomini e delle loro rispettive famiglie,
oltre quel muro di gomma che per tanto tempo ha fatto parlare di
“Ustica del mare”...
Fino ad arrivare al 12 giugno 2009,
giorno in cui, in tutta fretta, e in completo silenzio il Presidente
del Consiglio firma un decreto, denominato “ Determinazione
nell'ambito dei singoli livelli di segretezza, dei soggetti con
poteri di classifica, dei criteri di individuazione delle materie
oggetto di classifica nonché dei modi di accesso nei luoghi militari
o definiti di interesse per la sicurezza della Repubblica”, con un
articolo, il num. 7 sottoposto ad “omisssis”. All'art 2 del suddetto
decreto si evince l'ambito di applicazione come segue: “ Art. 2. Il
presente decreto si applica a tutti i soggetti pubblici e privati
che, per fini istituzionali o contrattuali, hanno necessità di
trattare informazioni, atti, attività, documenti, cose e materiali
classificati, sia nazionali che originati nel quadro del Trattato
Nord Atlantico, dell'Unione europea e di qualunque altro accordo
internazionale stipulato dallo Stato.”
Da subito si inserisce, strisciante
in questa storia, il segreto, quello di stato e quello militare, ma
ad alti livelli perchè, nel caso del decreto, come nel caso
dell'affondamento del peschereccio, stando alla ricostruzione di
Lannes, protagonista indiscussa risulta essere la NATO.
Per capire appieno bisogna dunque
fare un passo indietro e ricordare cos'era l'Adriatico in quel
lontano 1994, un piccolo specchio d'acqua completamente invaso da
presenze militari, sopra e sotto il mare, a causa delle operazioni
di embargo contro Serbia e Montenegro, stabilito dall'ONU.
Con meticolosità e precisione Lannes
riporta documenti, testimonianze, nomi di sommergibili e
imbarcazioni militari, velivoli che quella stessa notte presidiavano
la zona in questione e furono non solo “testimoni”, ma anche
direttamente coinvolti ( questa la tesi sviluppata nel testo)
nell'affondamento di un innocuo peschereccio, la cui dinamica venne
da subito giustificata anche in sede di indagine, come esplosione
interna provocata dal trasporto di materiale esplosivo,
probabilmente di contrabbando. Un colpo per i familiari, un
durissimo colpo per tutta la marineria molfettese che si vide
affibbiare quell'infamia: in realtà quegli uomini non stavano lì a
pescare ma gestivano traffici illeciti con un paese sotto embargo.
A farsi portavoce di questa prima
ipotesi il CTU nominato dalla Procura della Repubblica di Trani
(pubblico ministero Elisabetta Pugliese e poi Giancarlo Montedoro,
gip Giulia Pavese), prof Giulio Russo Krauss, dell'Università
Federico II di Napoli; a contraddirlo una serie di dati: a partire
dal filmato girato dal Rov della Impresub qualche anno dopo per
proseguire con il mancato e immediato intervento dei tanti mezzi
militari presenti in quell'area e attivi nell'operazione denominata
Sharp Guard, l'allarme lanciato dopo molte ore, quel corpo
galleggiante ( quello di Mario De Nicolo) lasciato a morire in acqua
e tirato fuori solo successivamente ma completamente nudo, la
distruzione (ordinata senza comunicare nulla ai famigliari) dei
pochi reperti recuperati, il mancato recupero dell'imbarcazione
nonostante la profondità non eccesiva ( 243 metri) i reiterati
appelli delle istituzioni locali, di Federpesca, dei famigliari... e
in ultima analisi, le relazioni tecniche contrastanti con quelle del
Ctu, prodotte da Francesco Mastropierro ingegnere meccanico,
capitano di lungo corso e membro della commissione tecnica
Direziomare di Bari per l'inchiesta sui sinistri marittimi, e
dell'ingegner Vito Alfieri Fontana, nominato dal comune. L'unica via
percorribile, ovvero il recupero del relitto non venne mai neanche
presa in seria considerazione... gli indizi provati disseminati nel
libro conducono, unitamente ai documenti e alle relazioni succitate,
ad una tragica verità: il Francesco Padre venne affondato da un
agente esterno (forse un missile) all'interno ad uno scenario che
era di guerra, ma prima venne bersagliato da una raffica di
proiettili (a riprova una serie di immagini contenute in appendice
al libro stesso).
Sull'esplosione a causa di un agente
esterno i tecnici citati non hanno dubbi.
E dopo una lunga trafila durata 16
anni, il caso del Francesco Padre in queste settimane anche il
Parlamento. A prendere in carico la vicenda Leoluca Orlando,
parlamentare dell'Italia dei Valori che attraverso
un'interrogazione
parlamentare chiede l'immediata rimozione del segreto di Stato e
l'istituzione di una commissione parlamentare d'inchiesta. "E' tempo
di far luce su questa vicenda - spiega Orlando - e sulle sue
implicazioni e connessioni a livello internazionale. La mancanza di
risposte certe, i molti lati oscuri e il rifiuto delle autorità
competenti al recupero del relitto è l'offesa più insopportabile
alla memoria dei cinque marinai che hanno perso la vita, alle loro
famiglie e a tutta la marineria molfettese".
L'interrogazione a risposta scritta
mette nero su bianco elementi inoppugnabili, già ampiamente
argomentati nel testo di Lannes: “ ...la magistratura non ha mai
acquisito i tracciati radar registrati dalle navi e dagli aerei che
perlustravano l'Adriatico 24 ore su 24. Non sono state mai richieste
al Pentagono le fotografie satellitari del cosiddetto «incidente»
nella «jettison areas» o quantomeno i rapporti integrali delle unità
da combattimento. E nessun giudice ha mai osato domandare alla
National Security Agency, copia delle registrazioni radio e
telefoniche intercettate dal sistema «Echelon». I testimoni oculari
dell'esplosione, i piloti nordamericani a bordo del velivolo P3c
Orion non sono stati mai identificati. E neppure il vice ammiraglio
José A. Martinez Sainz-Rosas, comandante della fregata spagnola «Baleares»
è stato mai interrogato (pagina 67, Gianni Lannes, «Nato: colpito e
affondato», La Meridiana, 2009)...”
E pone inoltre la questione
dell'indennizzo ai famigliari delle vittime, disposto all'epoca ma
mai avvenuto, unitamente alla richiesta di opportune attività di
bonifica in quell'area di mare “da ordigni e materiali bellici” con
tutta probabilità ancora presenti.