Svolgimento di
interrogazioni e
di interpellanza
F A B R E T
T I -
Al Ministro
della marina
mercantile.
L'interrogante, considerato lo stato di fondato malcontento più che
mai esistente tra i famigliari delle vittime del peschereccio
“Pinguino”
e l'intera marineria
da pesca per il tardivo ed inadeguato intervento dei competenti
Ministeri per appurare le eventuali responsabilità del naufragio e
per il recupero delle salme e dello scafo., chiede di conoscere con
urgenza:
1) l'esito
dell'ispezione compiuta dal personale specializzato inviato su luogo
ove giace il relitto del «Pinguino», il 10 maggio 1966, in accorda
con il Ministero della difesa, ed in modo specifico sullo stato
dello scafo del natante e sulle eventuali lesioni riscontrate e sul
recupero delle salme e dello scafo;
2) il
contenuto del verbale dell'ultimo controllo allo scafo del
«Pinguino» eseguito
a Formia (Gaeta) nell'ottobre 1965, dai funzionari del Registro
navale italiano.
(1311).
P R E S I D E
N T E. L'Onorevole Sottosegretario di Stato per la marina mercantile
ha facoltà di rispondere a questa interrogazione.
M A R T I N
E Z - Sottosegretario di Stato per la marina mercantile.
Onorevole Presidente, Onorevoli colleghi, come è noto,
nella
notte tra il 19 e 20 febbraio 1966 al largo delle coste della
Mauritania naufragò il motopeschereccio «Pinguino», matricola 106 di
Ancona. Esso era stato costruito nel 1958 in scafo di acciaio, era
munito di motore Ansaldo diesel, cavalli asse 300; stazzava 160,19
tonnellate di stazza lorda. Circa le modalità del sinistro, faccio
presente che l'onorevole interrogante è stato informato in data 23
maggio 1966 dal Ministro della marina mercantile che fornì adeguate
risposte alla sua interrogazione n. 4351. Per quanto concerne, poi,
le richieste formulate con l'interrogazione alla quale si risponde,
faccio presente che, com'è noto, il Ministero della difesa ha
inviato sul luogo del sinistro una squadra di sommozzatori della
Marina militare. Essa ha esaminato lo scafo rilevando quanto segue:
il relitto non presenta alcuna falla o danno sulla fiancata sinistra
e, per quanto possibile osservare, su quella destra. Le
sovrastrutture di prora,del centro nave e di poppa fino alla sezione
comprendente gli alberi poppieri sono integre; manca il coperchio
del portellone delle stive; alcuni oblò della timoniera. malgrado il
rilevante spessore dei vetri, sono rotti; il battello di legno è al
suo posto, rizzato sulle selle, con le casse d'aria allagate,
verosimilmente per effetto della pressione; sull'albero di prora
sono alzate alcune reti; l'estrema poppa è del tutto devastata.
Risultano mancanti il timone e l’elica. Le lamiere laterali dello
scafo e la coperta sono fortemente contorte e rivolte verso
l'esterno. Non esiste più la paratia poppiera del locale macchina;
il motore è fuori dello scafo ad alcuni metri di distanza da esso,
adagiato sul fondo; il locale macchina ed il locale equipaggio
formano in pratica un tutt'uno irriconoscibile, in quanto svuotati
di sistemazioni, apparecchiature eccetera. In esito a tale esame
obiettivo, è da ritenere che il sinistro fu probabilmente causato da
una esplosione di entità considerevole verificatasi all'interno
dello scalfo nella zona poppiera. Sebbene non sia possibile
formulare alcuna ipotesi sulla causa di tale esplosione e sulla sua
natura, la presunzione che la grande falla e l'affondamento del
motopeschereccio siano stati originati da esplosione dipende anche
dalla constatazione che il «Pinguino»
non lanciò alcun segnale di
soccorso via
radio alle decine di motopescherecci italiani in ascolto. Inoltre,
gli oblò della timoniera rotti e la presenza in essa di un membro
dell'equipaggio morto testimoniano la violenza e la istantaneità del
sinistro. Pertanto, è da ritenersi che l'affondamento non fu dovuto
a collisione con altra nave o ad urto sul fondo, nè ad ingavonamento
durante il rimorchio della rete, ma ad una improvvisa ed ingente
esplosione a bordo che provocò la grande falla a poppa e devastò
totalmente i locali macchina, i locali equipaggi, i camerini ed, in
misura minore, altre parti interne della nave. Allo stato dei dati
acquisiti non è possibile formulare alcuna ipotesi certa sulla
origine della esplosione, per cui non è consentito accertare alcuna
responsabilità sulle cause del sinistro. Per quanto riguarda il
recupero delle rimanenti salme, la ricerca è stata effettuata dai
sommozzatori della Marina militare durante le operazioni di
ispezione allo scafo. È stata, purtroppo, ritrovata una sola salma,
successivamente identificata per quella del comandante del
«Pinguino» Alberto Palestini. Circa il recupero del relitto, informo
l’onorevole interrogante che non rientra nei compiti di questo
Ministero effettuarlo.
In
ordine al punto secondo dell'interrogazione, circa « il contenuto
del verbale dell'ultimo controllo allo scafo del "Pinguino" eseguito
a Formia (Gaeta) nell'ottobre 1965, dai funzionari del registro
navale italiano», preciso che le ultime visite sono state effettuate
a Ceuta (Marocco) in data 7 agosto 1965 per la carena e 14 ottobre
1965 per l'apparato motore dal signor Eliseo Gomez Incera, perito
del RINA. Da dette visite è risultato che il peschereccio era in
buone condizioni di navigabilità. Tuttavia, ho a disposizione
dell'onorevole interrogante copia di detti certificati, provenienti
dall'ultima ispezione eseguita a Ceuta dal signor Eliseo Gomez
Incera, nel caso li volesse.
P R E S I D E
N T E. Il senatore Fabretti ha facoltà di dichiarare se sia
soddisfatto.
F A B R E T T
I. Signor Presidente, onorevole Sottosegretario, onorevoli colleghi,
io debbo da un lato ringraziare il Sottosegretario, onorevole
Martinez, per la sua risposta, ma, da un altro lato, debbo anche far
rilevare allo stesso onorevole Sottosegretario che la sua risposta
ricalca, quasi integralmente, il contenuto di una risposta analoga
ad una interrogazione con richiesta di risposta scritta che mi è
stata fatta pervenire il 23 febbraio 1967. Ebbene, sia il documento
scritto, sia la replica orale di questa mattina, a nostro avviso non
fugano in modo assoluto le preoccupazioni e le perplessità che sono
legate alla tragedia del «Pinguino». Si afferma che, dalle ispezioni
fatte sul luogo, risulterebbe che il sinistro sia stato causato da
una esplosione di notevolissima entità avvenuta all'interno della
nave. Quella era una nave, come lo stesso Sottosegretario mette in
evidenza nell'illustrarne le caratteristiche, che aveva un apparato
motore con motori a nafta. Pertanto, è da escludere una esplosione
dovuta all'apparato motore, perchè non siamo di fronte ad un motore
a caldaia. La pesca non richiede il trasporto di esplosivi. Siccome
però questa esplosione è stata documentata dalla perizia e dal
sopralluogo fatto dai sommozzatori, vi è da ritenere che qualche
cosa di anormale esistesse su quella nave. Trovano quindi credito le
voci che circolano negli ambienti di San Benedetto del Tronto e di
Ancona, concernenti la possibilità che la nave fosse adibita a
trasporto di cose diverse da oggetti inerenti alla pesca vera e
propria. Non va, infatti, dimenticato che in quei giorni avvenivano
i fatti piuttosto gravi di Mauritania, per cui vi sono fondati
sospetti che la nave fosse adibita al trasporto clandestino di
oggetti che nulla hanno a che vedere con la pesca. Per quanto
concerne la regolarità dello stato dello scafo e della nave, io ho
avuto notizia e insisto che un sopralluogo era stato fatto anche a
Gaeta. L' onorevole Sottosegretario smentisce. Io prenderò visione
del verbale, ma anche qui, tra le cose che ci vengono riferite e le
dichiarazioni dell’Onorevole Sottosegretario, non viene fugato
neppure il sospetto che lo scafo della nave non fosse ormai più
idoneo a tenere il mare o ad essere adibito a quel tipo di pesca.
Comunque, a parte queste osservazioni sulla fondatezza delle
informazioni su questo tragico episodio del mare, credo che le
considerazioni critiche che abbiamo mosso in altra sede
restino tuttora valide. Riteniamo che si sia agito con un ritardo
assolutamente ingiustificato e questo accredita il sospetto di fatti
anormali. L'episodio è avvenuto nella notte tra il 19 e il 20
febbraio 1966, ma il Governa ha mandato sul luogo una squadra nel
maggio, ossia tre mesi e mezzo o quattro dopo; nello scafo vi erano
ben 12 salme dei marinai che morirono nell’evento. Si ha quindi il
sospetto che si sia voluto ritardare il sopralluogo per rendere
impossibile lo svolgimento di una inchiesta seria e quindi dare
sfogo ai dolori che la tragedia ha provocato.
Comunque, a
parte la volontà o meno, ci pare che da questa tragedia del mare
vengano fuori dei fatti molto seri: intanto, che il Ministero della
marina mercantile e i Ministeri connessi non sono attrezzati.
E se non c'è stata una volontà ritardatrice, è vero però che non si
è intervenuti nè tempestivamente nè con mezzi adeguati; il che vuol
dire che per questi problemi delle tragedie marinare il Governo, e
il Ministero della marina mercantile in particolare, non sono
attrezzati per intervenire subito e per provvedere a ciò che loro
compete e, per lo meno, per dare la possibilità di sepoltura ai
morti uccisi dal mare. Questo è un fatto sul quale richiamo
l'attenzione del Parlamento e del Governo. Io credo che, se quella
nave fosse appartenuta a qualunque altra marina, molto meno
attrezzata, con una storia molto meno gloriosa della nostra, di un
Paese assai più piccolo del nostro, l'intervento sarebbe stato più
tempestivo, con mezzi più adeguati. Siccome la nave giaceva sul
fondo di appena venti metri, credo che nessuno sarà convinto che
sarebbe stato impossibile il recupero della nave e delle salme. Con
il recupero della nave non solo si adempiva ad un'opera di pietà, ma
si sarebbe potuto assodare quali furono le cause del sinistro. Da
questo episodio, credo che derivi l'impegno per il Governo a
provvedere a questa mancanza di attrezzature affinchè fatti di
questo genere non debbano più suscitare commozione e protesta, come
nel caso del « Pinguino ».
Ad Ancona si
dice, attraverso notizie di stampa, che sarebbe stata costituita una
Commissione d'inchiesta per appurare i fatti, promossa nell'ambito
della Camera di Commercio, per i problemi marinari, che sarebbe
presieduta dal comandante del porto di Ancona. Non so quale
efficacia una Commissione siffatta potrà avere a 15 mesi di
distanza, quali risultati potrà assodare di fronte a tutto ciò che
ci ha detto in questi 15 mesi il Governo; non so se potrà fare
qualcosa di più del Governo. Comunque non sarebbe stato bene
approvarla tempestivamente e che di questa Commissione d'inchiesta
facessero parte i rappresentanti, seppur delegati, dei marittimi che
sono deceduti i quali ancora insistono perchè hanno ancora la
convinzione che questa tragedia non sia avvenuta casualmente, per un
fatto accidentale, ma per un uso diverso della nave. Inoltre, credo
che emerga un altro aspetto sul quale richiama l'attenzione del
Governo, il suo impegno e quello del Parlamento: i marinai sono
privi di una forma di assicurazione che, in caso di sinistro
mortale, almeno sul piano economico, dia alla famiglia una
condizione, un trattamento che possa, per un certo periodo, fugare
le conseguenze economiche che la tragedia, la morte in mare provoca
nei superstiti. Se non si può evitare il dramma del mare, la perdita
di vite umane, almeno si assicuri ai superstiti, alle famiglie, alle
mogli, ai figli un compenso economico che garantisca loro un modo di
vivere civile e non si debba, come in questo caso, per poter dare un
modestissimo indennizzo di poche decine di migliaia di lire, per chi
muore in mare, assistere allo spettacolo, certamente non edificante,
di sottoscrizioni popolari, per venire incontro, per aiutare le
famiglie dei marinai caduti nella tragedia del
«Pinguino».
Su tutto questo richiamo l'attenzione del Governo, sia per
l'attrezzatura, sia per un sistema di assicurazione che metta tutti
i marinai italiani in condizioni di avere una assicurazione decente.
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