(da: Storia ecclesiastica e civile della Regione più Settentrionale del
Regno di Napoli, oggi città di Teramo e Diocesi Aprutina di
Niccola Palma,
presso U. Angeletti - Teramo, 1832 – 1836. Volume V - Notizie biografiche
degli uomini illustri, pp.131-132)
Una delle perdite
degli amici, le quali amareggiano la lunga vita di Melchiorre, (de’
Marchesi Delfico), fu quella di Vincenzo Comi, accaduta in Giulia nel dì
10 Ottobre 1830, in età di 64 anni, essendo nato in Torano nel 1766 [in
realtà era nato nel 1765, il 3 novembre]. Avviato dal genitore Alessio
per la medicina e mandato in Napoli a compierne gli studj, Vincenzo, a
preferenza degli altri rami di quella ben vasta scienza, attese alla
chimica, e con tale successo che ivi nel 1790 diè alle stampe una Memoria
sull’acqua Minerale di Salerno, dedicandola al protomedico Vivenzio.
Presa la dottorale
laurea, venne a stabilirsi in Teramo, ove acquistò tantosto grido di egregio
medico: ma il genio portandolo quasi esclusivamente alla chimica, ei dopo
breve intervallo più esserlo non volle. A lui rendendo giustizia Orazio
Delfico (Osservazione su di una piccola parte degli Appennini)
registrò di aver tentata la ricerca e fatta la scoperta del carbone fossile
in diversi siti a qualche distanza dalla città e più verso i monti,
insieme col valente chimico Dott. Comi e col professore Quartapelle. I
chiari naturalisti Fortis, Zimmermann, Spallanzani, e Thouvenel lo vollero
compagno de’ loro viaggi nel nostro Regno. L’escursione fatta alla montagna
del Vesuvio di conserva col terzo costò cara al chimico Apruzzese, che
dall’aver troppo a lungo respirato quelle mefitiche esalazioni ebbe lesi gli
organi del petto.
Tornato ricco di
cognizioni e di amicizie novelle, fu in grado di intraprendere la
compilazione di un’opera periodica col titolo Commercio scientifico
d’Europa col Regno delle due Sicilie per i professori ed amatori di Chimica,
Fisica, Storia naturale, Medicina, Farmacìa, Chirurgìa, Agricoltura,
Economìa domestica, Arti e manifatture, etc. Giornale composto di sei volumi
l’anno, Teramo nella stamperia Bonolis in 8.
A subbietto grandioso
cotanto ei corrispose a meraviglia per un anno, avendo pubblicato i sei
promessi volumi, non per bimestre, a tutto il 1792. Considerevole vi
comparisce l’elenco degli associati per cariche e per lettere
rispettabilissimi. Vi si leggono due articoli affatto proprj del
compilatore. Uno nel II. volume: La vera bacchetta divinatoria, ossia il
mineroscopo Thouveneliano difeso, cui dato aveano impulso i fenomeni
osservati in un socio de’ viaggi di Thouvenel di cognome Penet,
soprannominato macchina vivente, il quale dalla natura dotato di
magnetismo animale, mercè gli effetti fisici che in se sperimentava, veniva
ad indicare le miniere sotterranee. L’altro nel volume VI: Riflessioni
sulla nitriera minerale e naturale del Pulo di Molfetta etc. indiritte
al ch. Melchiorre Delfico. Di quest’opera periodica (egli avvertì nel
chiuderla) il presente tomo finisce il primo ed ultimo anno, senza
che di così corta durata spiegato avesse, almeno svelatamente, i motivi: ma
è agevole giudicare che le guerre e le rivoluzioni tanto alle letterarie
corrispondenze fatali, e che torbidissimo renderono il cadere del XVIII.
secolo, cagiorano la cessazione del Commercio, il quale ridonderà
sempre a gloria di Teramo: imperocchè, per quanto io sappia, niun’altra
città provinciale del Regno può vantar di quel tempo un giornale
scientifico.
E’ da supporsi ancora
che Comi creduto avesse di trovare miglior conto nell’ingegnarsi ad
applicare la chimica alle arti e manifatture. Di fatti con ben intesi
meccanismi e processi aprì egli in Teramo una fabbrica di cremore di tartaro
nel 1794; simile per la conciatura d’ cuoi nel 1802; ed una terza di
liquirizia nel 1809. Una fabbrica pur di cremore avea eretta in Grotte a
mare nel 1804: consecutivamente altra ne eresse in Giulia: e l’ultima in
Popoli nel 1823. Ricomponendosi nel 1810, la società patriotica in
agraria, ne fu ei trascelto segretario perpetuo.
E qui dispensar non mi
vo dal notare di non aver io personalmente conosciuto uomo, che meglio di
Vincenzo Comi possedesse il dono di parlare ed il talento di scrivere, a
scopo di persuadere su di ciò ch’ei proponevasi d’insinuare. Bisognava una
forte prevenzione in contrario per non cedere alle attrattive delle sue
parole e del suo stile. Più felice nell’immaginare intraprese che
nell’eseguirle, la fortuna non secondò sempre le commerciali di lui
speculazioni. Essendo deputato al parlamento, le gazzette riportarono un
progetto di legge da esso letto ai 21 Dicembre 1820 sullo stabilimento delle
casse ipotecarie nazionali in ciascuna provincia, le quali riunissero
il triplice vantaggio dello sconto, del pegno e delle
sovvenzioni.
Miglior conoscitore
degli elementi e delle qualità dei corpi che degli affari finanzieri, era
per lui scherzevole cosa il formare, colle uve indigene, vini da scambiarsi
coi forestieri più riputati, ed il distillare rosolj di nuovi sapori, di
ogni colore, o spogliati affatto della materia colorante. Appunto a fin di
preparare i consueti squisiti vini del 1830, l’essersi trattenuto in siti
umidi più di quanto conveniva a chi era predisposto a polmonea, divenne
causa che questo malore lo assalisse.
Fu allora il caso che
l’inferno ne intendeva più dei medici, i quali volevano lusingarlo, perchè
eglino stessi si lusingavano. Comi però chiese e ricevè i Sagramenti,
prenunziando che, ad onta delle apparenze, poco gli rimaneva di vita: e
l’esito dimostrò la giustezza del suo pronostico.