GIULIANOVA - «Si chiede che sia
disposto un supplemento di perizia ed un ulteriore approfondimento
delle indagini e siano sentite le persone che possono essere a
conoscenza dei fatti»: è quanto l'avvocato giuliese Lucia Umile
chiede al Procuratore di Teramo, Barrasso, in merito al naufragio
del motopeschereccio Freccia nera a nome e per conto delle
vedove di Lorenzo e Giorgio Serafini, i due marittimi che persero la
vita nell'affondamento del natante. L'avvocato Umile ha, dunque,
riletto attentamente perizie e verbali e ritiene, nel suo esposto,
che ci siano delle situazioni non completamente chiarite e le elenca
con dovizia di particolari. Si contesta il fatto che il perito non
abbia visionato le riprese televisive subacquee
effettuate in due tempi, 1'11 e il 19 maggio, dalla telecamera del
robot Pluto, in dotazione al cacciamine Vieste, prima
e dopo il fallito tentativo di recupero dello scafo effettuato dalla
marineria di Giulianova.
Incertezza sull'orario:
la perizia rileva che tutti i circuiti del Freccia Nera
risultano disattivati, compresa la radio, e su tale circostanza non
viene formulata alcuna ipotesi, ma l'avvocato fa osservare come
l'ora del naufragio possa essere ricondotta alle 19/20 dell'8 maggio
ed è in vigore l'ora legale, quindi è ancora giorno e lo è ancora di
più a 12 miglia dalla costa (ecco spiegato il perchè delle luci
spente). «Ma - sottolinea la Umile - emerge una sicura incongruenza
tra le dichiarazioni dei marinai dell'Arcadia, i quali
dichiarano con assoluta certezza la mancanza di altre imbarcazioni
nel raggio di 5 miglia nel momento in cui la loro rete si è
impigliata con quella del Freccia Nera, tanto più che si
riferisce della presenza di altra imbarcazione, la Ilaria
Christian, all'orario dell'incidente, a circa 2 miglia dall'Arcadia.
Gravi perplessità vengono sollevate
dall'avvocato Umile sul comportamento dell'equipaggio dell'Arcadia.
«Non si comprende -scrive- come mai l'equipaggio non abbia
immediatamente consegnato alla Capitaneria la rete ritrovata. In
alternativa i marinai avrebbero dovuto avvertire via radio le altre
imbarcazioni. Per questo il comportamento è quanto meno poco
responsabile; l'incidente non deve essere stato cosa da poco, ma i
marinai non se ne sono curati; neanche dopo aver preso coscienza di
essersi imbattuti in una rete carica di pesce, avendola
immediatamente ritirata a bordo. Secondo le loro testimonianze, i
marinai dell' Arcadia prenderebbero coscienza dell'accaduto
solo alle 12 del giorno dopo. Essi pensano che la rete ritrovata
possa appartenere al "Freccia Nera": questa circostanza induce a
pensare che probabilmente essi avessero già una sia pur minima
cognizione dell'accaduto».
E l'avvocato Umile, nel suo esposto,
insiste sul ruolo dell'equipaggio dell'Arcadia nella vicenda
e scrive a Barrasso: «Essi, venuti a sapere delle ricerche in corso,
forniscono indicazioni inesatte sul punto dell'incidente (ovvero
dove si sono intrecciati con le reti del Freccia Nera), tanto
è vero che i soccorritori soltanto in serata ritroveranno il
cadavere di Lorenzo Serafini, sebbene lo ricercassero per un raggio
molto esteso. Nè vale a giustificali il fatto che non se ne
sarebbero ricordati. In primo luogo perchè l'incidente li aveva
costretti ad un'operazione imprevista; in secondo luogo perchè nelle
deposizioni rese successivamente forniscono indicazioni piuttosto
precise e coincidenti grosso modo con il punto dell'incidente». E
poi la Umile conclude con un'indiscrezione: «Corre voce che a bordo
dell'Arcadia vi fosse un quarto marittimo. E' necessario
acclarare la circostanza: potrebbe servire a fare chiarezza sulla
contraddittorietà delle altre versioni».